giovedì 21 agosto 2008

Cupio dissolvi

Su "La Repubblica" del 15 Agosto 2008 leggo una lettera della Professoressa Maria Rita Di Benedetto, che riporto quasi integralmente:


"...Insegno storia nei licei, al triennio, ed è per me normale fare riferimenti geografici, collocare i fatti storici nello spazio e nel tempo. Un giorno, durante una verifica, mi sono permessa di chiedere ove fossero Milano e Venezia e - con mio grande stupore - ho scoperto che per i miei allievi erano città senza una precisa collocazione.
Uno di loro tenta la carta dell'intuito e dice che, forse, Venezia potrebbe trovarsi in Friuli Venezia Giulia. I ragazzi si sono poi giustificati sostenendo che alle medie non studiavano mai geografia. Li invito a fare uno sforzo, a guardare una carta, magari su Internet, non solo a scuola, ma anche a casa.
Ed ecco entrare in scena gli attori protagonisti - e non secondari - del pianeta scuola: le famiglie. Arrivano le lamentele di alcuni genitori che non apprezzano questa docente di storia troppo esigente, che vuole interrogare i loro figli anche in geografia......Se poi ci si mette di mezzo anche il dirigente scolastico, attento alle "esigenze" delle famiglie i guai aumentano, perchè cominciano i richiami a smettere con questi atteggiamenti "negativi"...."

Questo il testo. Ora, il genitore di un odierno diciassettenne ha circa 43 anni, ed essendo nato a cavallo del 1968 ha - eventualmente - frequentato il liceo tra il '79 e l'84. Possiede quindi a propria volta scarsi strumenti per collocare Milano o Venezia sulla carta geografica (Vi rammentate - mi rivolgo ai sessantenni - le terribili cartine "mute" sulle quali dovevamo collocare, all'impronta, in piedi a fianco della cattedra, sotto l'occhio ironico dell'insegnante, città, fiumi, catene montuose e confini?)
Non mi sorprende, quindi, che genitori i quali hanno vivacchiato ( a volte addirittura vissuto benissimo) senza conoscere l'esatta collocazione di Milano (Formigoni, ad es. non ha assolutamente idea di dove realmente sia Milano...) si meraviglino di un'insegnante (di storia poi; che cavolo di rapporto ha la storia con la geografia?) la quale suggerisca al/la loro pargolo/a di informarsi al riguardo.
Ma il passaggio dalla meraviglia all'indignazione (e dall'indignazione alla denuncia - Alle Competenti Autorità) è sorprendente, ed indicativo di un salto epocale:
Persone che farebbero (appunto) carte false pur di far ottenere al loro virgulto il "Pezzo di Carta" percepiscono contemporaneamente la cultura come un disvalore, ove questa non si sostanzi in "tecniche" direttamente spendibili sul mercato del lavoro.
L'insegnamento (rammento che la libertà di insegnamento è costituzionalmente garantita) - l'atto dell'insegnare - è visto come un sopruso, se non come un vero e proprio reato, ove pretenda una seppur minima verifica della propria efficacia (si apprezza il conferenziere, si aborre l'insegnante).
Non si esita a denunciare l'autore del sopruso/reato, forti del proprio buon diritto, e il dirigente che riceve la denuncia - lungi dal cacciare in malo modo il delatore - ne accoglie comprensivo le istanze e "richiama" l'insegnante colpevole...di aver insegnato. Ecco, è il vedere i miei connazionali - su tutto il resto rissosi e discordi - accomunati in questa corsa concorde e disinvolta verso l'abisso, che mi sorprende ed atterrisce.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

All'Università, dove lavoravo, ho ricevuto visite di genitori ansiosi di portare il loro figliolo, presuntuoso, arrogante, ignorante, minaccioso, imbroglione, sulla retta strada. 'Prufessò, siamo anche noi insegnanti, cosa dobbiamo fare per fargli superare l'esame?' Ci fu anche l'intervento, magnanimo e lungimirante, del presidente del corso di laurea. Al quale risposi che agli esami non chiedevo che gli studenti sapessero scrivere formule chimiche. Ero io a scriverle. Chiedevo, invece, che mi mostrassero che la loro cultura generale fosse intrisa di un pizzico di cultura scientifica. Non potevo sopportare che mi si dicesse che carboidrati è sostantivo derivato dal greco idros, che li si cercasse sulla tavola periodica degli alimenti (sic), che non si sapesse far di conti con i numeri relativi, che mi si confessassero preferenze per gli studi filosofici senza sapere chi fossero gli atomisti... Insomma, stanco di ascoltare le loro querimonie, che sottilmente sollevavano il dubbio che fossi prevenuto nei confronti del loro figliolo, per dimostrar loro il contrario, raccontai che avevo evitato di denunciare il tentativo del pargolo di alterare, maliziosamente, il compito già corretto, alla sua richiesta di averlo in visione. 'Ah, chesto è stato', arguì con mia sorpresa la madre. Ebbi un moto di stizza, e li spinsi, alzando la voce, fuori dalla stanza, sommerso dalle loro minacce di denunciare l'accaduto ai giornali. Finì che il coordinatore dei corsi di laurea mi chiese se ero disposto a 'cedere' l'esame ad altri colleghi più compiacenti. Dissi di sì, e non me ne sono pentito.
Grazie di avermi fatto visita. Anche il tuo blog sarà tra i miei preferiti.

Anonimo ha detto...

Ottima la descrizione della famigliuola criminaloide,chiusa al mondo, catafratta nella sua complicità intergenerazionale e veramente esilarante la "tavola periodica degli alimenti". Quanto a Leucippo, o Democrito...chi erano mai costoro?

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