Gentile Signora Clérici,
quando ieri ho letto del Suo - supposto, supposto! - tentativo di svellere (subito e personalmente.. con le Sue delicate manine - visto che il personale si rifiutava...insubordinati!) la targa apposta nell'atrio del Centro Congressi da Lei così brillantemente presieduto, targa che ricorda le vittime (donne, bambini, neonati, vecchi, lo rammento agli immemori) [1] di una delle più orrende stragi perpetrate dai nazi-fascisti, mi sono detto: "impossibile! una così fervente antifascista, sempre in prima linea sotto gli striscioni dell'A.N.P.I. contro il risorgere dell'intolleranza e della barbarie!"
E' così vero, gentile Signora? Perchè non vorrei invece trovarmi di fronte ad un caso di piccolo zelo da portinaia, così comune in Italia, lo zelo che spinge a denunciare alla Gestapo l'inquilino ebreo - e non per vero antisemitismo - ma per amore dell'ordine, per dare un maggiore impulso ai propri trafficucci con la Kommandantur, e nella speranziella di una gratifica alla prossima assemblea condominiale [2].
Perchè, cara Signora, ho letto anche del Suo cadere un po' dalle nuvole:
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"Non sapevo neppure che fosse la lapide dedicata a Sant'Anna di Stazzema. Mi sembra di aver letto solo qualcosa in riferimento alla barbarie...." Poco dopo (prosegue Donatella Francesconi nell'articolo di ieri su Il Tirreno), venuta a conoscenza della bufera di polemiche, continua: "Per una lapide tutto questo casino?" Alla domanda se intenda dare disposizioni affinché le viti tornino al loro posto, Clerici non risponde..."
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Vede, cara Signora, pur facendo a quanto letto tutte le tare del caso, queste dichiarazioni, e quelle delle ore successive, mi sanno tanto di arrampicata sugli specchi, o di serena ignoranza - a Sua scelta - veramente molto, mooolto portieresca; quel misto di ilare superficialità, il disinvolto uso del termine ubiquitario per eccellenza: "casino" l'implicito richiamo alla massa d'impegni che La opprimono: 1 marito, 2 figli, 1 presidenza, tali da impedirLe un'attenta lettura della targa posta di fronte alla Sua guardiola. E poi, in fondo, si tratta solo di una lapide... ce ne sono così tante; una più, una meno. Già, perchè sembra che la Kommandantur - impegnata su ben altri fronti - non abbia gradito l'eccesso di zelo della sua piccola confidente e sia - come dire? - un po' seccata. L'osservatore attento lo percepisce dalla maggiore fissità dell'eterno sorriso a trentadue denti del Comandante di Piazza. [3]
Ma tutte queste sono, Lei me lo conferma, maligne fantasticherie. In realtà una donna attenta ed equilibrata come Lei è ha ben presente l'abisso che separa le proprie - eventuali - personali idiosincrasie da una orrenda strage perpetrata su vittime inermi e quindi sono certo che Lei potrebbe ben fare Sue le parole che Italo Calvino pone in bocca al commissario Kim, ne "Il sentiero dei nidi di ragno" (1947):
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"Non è così" continua Kim "lo so anch'io. Non è così. Perchè c'è qualcos'altro, comune a tutti, un furore. Il distaccamemto del Dritto: ladruncoli, carabinieri, militi, borsaneristi, girovaghi. Gente che s'accomoda nelle pieghe della società, e s'arrangia in mezzo alle storture, che non ha niente da difendere e niente da cambiare. Oppure tarati fisicamente, o fissati, o fanatici. Un'idea rivoluzionaria in loro non può nascere, legati come sono alla ruota che li macina. Oppure nascerà storta, figlia della rabbia, dell'umiliazione, come negli sproloqui del cuoco estremista, simili ai gridi del suo falchetto incatenato. Perchè combattono, allora? Non hanno nessua patria, né vera, nè inventata. Eppure tu sai che c'è coraggio, che c'è odio anche in loro. E' un furore antico che si trascinano dall'infanzia, acceso o spento. E' l'offesa della loro vita, il buio della loro strada, il sudicio della loro casa, le parole oscene imparate fin da bambini, la fatica di dover essere cattivi. E' tutto questo diventata odio, un odio anonimo, senz'oggetto, sordo, che qui si sfoga, diventa sparo di mitraglia, fossa scavata, amara voglia di nemico. E basta un nulla, un passo falso, un impennamento dell'anima e ci si trova dall'altra parte, come Pelle, dalla brigata nera, a sparare con lo stesso furore, con lo stesso odio, contro gli uni o contro gli altri, fa lo stesso"
Ferriera mugola nella barba: "quindi, lo spirito dei nostri.... e quello della brigata nera.... la stessa cosa?...."
"La stessa cosa, intendi cosa voglio dire, la stessa cosa....." Kim s'è fermato e indica con un dito come se tenesse il segno leggendo; "la stessa cosa ma tutto il contrario. Perchè qui si è nel giusto, là nello sbagliato. Qua si risolve qualcosa, là si ribadisce la catena. Quel peso di male che grava sugli uomini del Dritto, quel peso che grava su tutti noi, si me, su te, quel furore antico che è in tutti noi, e che si sfoga in spari, in nemici uccisi, è lo stesso che fa sparare i fascisti, che li porta ad uccidere con la stessa speranza di purificazione, di riscatto. Ma allora c'è la storia. c'è che noi, nella storia, siamo dalla parte del riscatto, loro dall'altra. Da noi, niente va perduto, nessun gesto, nessuno sparo, pur uguale al loro, m'intendi? uguale al loro, va perduto, tutto servirà se non a liberare noi a liberare i nostri figli, a costruire un'umanità senza più rabbia, serena, in cui si possa non essere cattivi. L'altra è la parte dei gesti perduti, degli inutili furori, perduti e inutili anche se vincessero, perchè non fanno storia, non servono a liberare ma a ripetere e perpetuare quel furore e quell'odio, finché dopo altri venti, o cento, o mille anni si tornerebbe così, noi e loro, a combattere con lo stesso odio anonimo negli occhi e pur sempre, forse senza saperlo, noi per redimercene, loro per restarne schiavi. Questo è il significato della lotta, il significato vero, totale, al di là dei vari significati ufficiali. Una spinta di riscatto umano, elementare, anonimo, da tutte le nostre umiliazioni: per l'operaio dal suo sfruttamento, per il contadino dalla sua ignoranza, per il piccolo borghese dalle sue inibizioni, per il paria dalla sua corruzione. Io credo che il nostro lavoro politico sia questo, utilizzare anche la nostra miseria umana, utilizzarla contro se stessa, per la nostra redenzione, così come i fascisti utilizzano la miseria per perpetuare la miseria, e l'uomo contro l'uomo" [4]
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Tanto Le dovevo, gentile Signora Clérici e mi firmo, il Suo devoto
Guido Canciani
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[2] Nel caso fosse, sarebbe comunque in buona compagnia: quel Gianni Alemanno (impagabile!) che commemora, in un impeto di voluttuoso servaggio, i caduti -papalini - di Porta Pia.
[4] Italo Calvino: "Il sentiero dei nidi di ragno" Giulio Einaudi Editore - Milano 1954 - pp. 145 sgg.
1 commento:
Manteniamo viva la memoria e il rispetto per essa!
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