Non so se ve ne ho mai accennato: ogni tanto, dal 2001 a questa parte, aggiorno una mia personale tabellina, nella quale (ma non si tratta di un giuoco; siamo a metà tra la filologia del linguaggio totalitario e la ricerca di costanti nell'antropologia politica nazionale) [1] mi diverto ad individuare dei paralleli, caratteriali, linguistici e politici, tra coloro che ci sgovernano ed i gerarchi del ventennio [PNF] e dodicennio [NSDAP] (più con questi - mi sono maggiormente familiari - che con quelli, ma cercherò di rimediare...).
Insomma, per farla breve, quando ho letto l'intervento del buon Brunetta a Gubbio, mi sono venuti subito alla mente Robert Ley e Ernst Röhm (platea, argomentare, stile del costrutto retorico sono i loro, perfetti...) ma ho avuto un attimo di esitazione nell'individuare un parallelo tutto italiano, intra moenia diremmo, altrettanto calzante: Achille Starace?, No, quello è un ruolo in cui gioca - e da maestro - Bondi. Altrove bisogna cercare; e non molto lontano, per la verità, ho individuato il mio personaggio. Vi lascio il piacere (se di piacere si può parlare) dell'indovinare chi io sia andato a pescare, dandovi però un piccolo aiutino con questa lista, peraltro non esaustiva:
Italo Balbo, Junio Valerio Borghese, Giuseppe Bottai, don Tullio Calcagno, Gian Galeazzo Ciano, Giovanni Gentile, Dino Grandi, Rodolfo Graziani, Ettore Muti, Alessandro Pavolini, Edmondo Rossoni, Carlo Scorza, Achille Starace (escluso; vedi sopra), Augusto Turati, Michele Bianchi, Guido Buffarini Guidi, Emilio De Bono,,Cesare Maria De Vecchi, Renato Ricci, Roberto Farinacci.
Qui sotto trovate la cronaca della campale giornata di Gubbio:
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Gubbio, 11 set (Velino) - Un vero e proprio Brunetta show – tra battute, risate e ovazioni – quello che si è svolto questo pomeriggio a Gubbio durante la scuola di formazione politica del Pdl. [....] Senza risparmiare un attacco a quegli artisti e registi “radical chic” che, parole di Brunetta, “non hanno mai lavorato per un’Italia migliore”.
Per il ministro il nostro paese si divide in due: “Il 70/80 per cento della popolazione ‘si fa un mazzo tanto', rischia molto, rischia tutti i giorni di perdere il posto di lavoro, la casa, i risparmi di una vita e questa è la stragrande maggioranza degli italiani”.
Poi c’è un’altra parte “che vive senza trasparenza, meritocrazia, una parte che non rischia nulla: è l’Italia dei furbi, dei fannulloni, delle rendite. È l’Italia delle scorciatoie, degli amici degli amici. Ma è un popolo minoritario, un popolo che non rischia niente ma che ha tanto tempo per farsi rappresentare in maniera potente. Ha la capacità di farsi sovrarappresentare come espressione del paese tout court laddove questa parte è la minoranza del paese, la parte peggiore, opaca, l’Italia dei furbi, dei fannulloni, di chi non rischia”.
Il 70 per cento “buono”, ricorda Brunetta, “per una serie di ragioni storiche ha finito per delegare alla seconda Italia la propria vita. I beni e i servizi di cui il nostro paese ha bisogno sono in gran parte egemonizzati, delegati, prodotti dalla seconda Italia, perché la prima, per tanti versi, ha dovuto delegarli. Abbiamo questo paradosso facilmente comprensibile: chi si fa il mazzo dalla mattina alla sera delega i beni pubblici della coesione sociale a un’Italia che ha regole diverse. Operai, impiegati, artigiani, liberi professionisti e giovani delegano a un’Italia diversa, che non ha gli stessi valori, che non vive gli stessi rischi; per cui la seconda Italia condiziona in maniera parassitaria la prima e si permette anche di fare moralismi".
Ma da chi è fatta questa seconda Italia? "Sono - spiega Brunetta - i cattivi dipendenti pubblici, i cattivi magistrati, i cattivi sindacati, la cattiva finanza, le cattive banche, quelli insomma che vivono sulle spalle della prima Italia”.
Negli ultimi decenni, spiega il numero uno di Palazzo Vidoni, “è successo che quella che era la sinistra si è ritrovata a rappresentare e a difendere l’Italia peggiore e questo per me, che sono un uomo di sinistra, è un dolore. Non ci può essere una sinistra che rappresenta e difende la rendita, lo dico con dolore: ma questo è avvenuto.
Non posso capire che partiti di massa si ritrovino sulla stessa area, sullo stesso settore della rappresentanza della parte peggiore del paese, eppure è avvenuto. È avvenuto perché questa nostra borghesia conservatrice si è fatta captare da alcuni poteri forti (abbiamo visto i banchieri in fila per andare a votare alle primarie di Prodi). Noi stiamo sulle scatole a questa seconda Italia perché stiamo chiudendo i rubinetti dell’ossigeno, li stiamo facendo morire e lo stiamo facendo con il volto dolce di Mara (Carfagna), con l’aria finta-ingenua di Maria Stella (Gelmini), gli stiamo facendo un mazzo così (ovazione della platea) con tutto il governo, sia Pdl che Lega.
Siamo un’unica piattaforma, i distruttori della rendita parassitaria, ipocrita e infame. Per questo l’alleanza funziona alla grande. Gli stiamo facendo mancare la terra sotto i piedi”.
Il ministro se la prende anche con alcuni settori della cultura italiana, quello che lui definisce il "culturame parassitario". I cosiddetti artisti o registi, attacca Brunetta, “che hanno ricevuto 30-40 milioni di euro per fare i loro film e poi ne hanno incassati 3-4 mila (in tutta la loro vita); e questi stessi autori, registi (con la faccetta sempre sofferente) ti spiegano che questa Italia gli fa schifo, che ne vorrebbero una migliore, anche se loro non hanno mai lavorato per un’Italia migliore.
E bene fai, Sandro (Bondi), a chiudere quel rubinetto del Fus, e prima fai meglio è (ancora un’ovazione).
E bene fai, Sandro (Bondi), a chiudere quel rubinetto del Fus, e prima fai meglio è (ancora un’ovazione).
I parassiti dei teatri lirici, i finti orchestrali, cantanti, scenografi, che non si sono mai raffrontati con il mercato e vivevano solo di sussidi pubblici”. “Andate a lavorare – incalza – confrontatevi con il mercato, come fanno tutti, come faceva mio padre. Altro che gli orchestrali sindacalizzati che ricattano questo o quel sovrintendente. Vivaldi non lavorava così, neanche Mozart.
Questo è un pezzo di questa Italia, molto placida (risate in sala), molto politicamente corretta, molto colta… leggermente schifosa”.
Questo è un pezzo di questa Italia, molto placida (risate in sala), molto politicamente corretta, molto colta… leggermente schifosa”.
Brunetta non risparmia critiche al mondo della finanza e delle banche. “Tremonti ha perfettamente ragione, hanno prodotto la [...] E poi vogliono anche essere detassati per poter dare soldi alle imprese e alle famiglie”.
Capitolo magistratura. Per Brunetta “un paese efficiente ha bisogno di una magistratura indipendente, libera. I nostri costituenti non vollero una corporazione autoreferenziale, una corporazione che non aveva più in testa la giustizia o la legge, ma solamente la propria autorappresentazione e il proprio potere polito e sindacale.
Noi del Pdl siamo gli eversori, i rivoluzionari, i conservatori delle cose buone. Siamo i rivoluzionari di questa Italia brutta, che non ci piace, di questa Italia radical chic, di questa borghesia di merda: noi dobbiamo essere i distruttori di questa Italia, sono con noi i buoni, gli operai, gli artigiani, gli agricoltori, i giovani, i liberi professionisti; ed è con noi la buona Chiesa, i preti di strada sono con noi, quelli che stanno tra la gente che rischia e che soffre, abbiamo il popolo dalla nostra parte: è dal ’94 che vinciamo le elezioni (anche se a volte ce le scippano”)“
"Ho avuto l’onore – conclude il ministro riferendosi all’articolo intitolato “Brunetta bluff“ – della seconda cover story dell’Espresso in un anno, ed è una cartina tornasole del mio lavoro”.
Infine il ministro dell Funzione pubblica tende una mano “all’amico Fini”: “Vedi Gianfranco, di fronte a questa rivoluzione, di fronte a questo cambiamento dell’Italia, di fronte alle difficoltà che abbiamo davanti, ma anche di fronte alla bellezza del popolo, lavora con noi, come abbiamo sempre fatto. C’è tutto lo spazio per condurre una sintesi straordinaria”.
(cos) 11 set 2009 18:56
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(cos) 11 set 2009 18:56
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3 commenti:
Beh, mi viene Gentile. Ma quanta fatica!
Ma proprio Giovanni, il creatore della scuola che ha formato (e non siamo venuti tanto male, diciamocelo) sia te che me? Troppo in alto hai mirato, caro Raff. Se vuoi, ti lascio una seconda, più meditata (scherzo, lo sai) possibilità.
P.S. Escludi anche la bassa manovalanza criminale, id est Ettore Muti.
In effetti, in una prima stesura del commento, avevo sottolineato l'improponibilità del paragone. Poi mi son fatto trascinare dalla frammentarietà delle mie conoscenze. Che Gentile mi perdoni. Anch'io penso che, formati alla 'sua' scuola, siamo venuti piuttosto bene.
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