mercoledì 20 gennaio 2010

"Mandiamoli a casa!" I luoghi comuni

Ringraziando Pippo Civati per l'ottimo lavoro, mi permetto di copiare pari pari il suo "prontuario" contro i luoghi comuni del razzismo e della xenofobia (cito tutte e due le sindromi, dato che alcuni leghisti sembrano tenere molto alla distinzione tra i due atteggiamenti: "sono xenofobo, ma non razzista....")




«MANDIAMOLI A CASA», I LUOGHI COMUNI.
Razzismo e pregiudizi: istruzioni per l’uso.



«Gli stranieri sono il 23%!»
È la percezione della presenza degli stranieri in Italia: gli italiani hanno la percezione che gli immigrati siano il 23% della popolazione residente, ovvero pensano che gli stranieri presenti siano quasi quattro volte quelli che risiedono realmente in Italia (il rapporto più alto di tutto l’Occidente). In realtà le cose stanno diversamente. Vediamo, nel dettaglio, ‘come’, cercando di rispondere ai luoghi comuni che attraversano il Paese e animano il dibattito pubblico.
Fonte: Transatlantic Trends Immigration 2009

Quanti sono gli immigrati regolari e irregolari:
Per tentare di comprendere il fenomeno migratorio senza pregiudizi e condizionamenti è indispensabile osservare i numeri della presenza straniera in Italia.
4,4 milioni di stranieri regolari e 420mila irregolari. Al 1° gennaio 2009 gli immigrati presenti in Italia erano oltre 4,8 milioni (circa mezzo milione in più rispetto al 2008) di cui i regolari sono 4,4 milioni.
La comunità più numerosa è quella romena con 968mila presenze (21% del totale), seguita dall’albanese e dalla marocchina (538mila e 497mila). Rispetto al 2008, gli immigrati irregolari diminuiscono sensibilmente, secondo le stime (un calo superiore al 30%).
Rispetto al 2008 e nonostante la crisi economica, si registra un aumento dell’occupazione straniera nel corso dell’anno di 222mila unità, a fronte di un calo dell’’occupazione italiana di 426mila unità.
Parallelamente all’occupazione però, si registra anche un incremento della disoccupazione tra gli immigrati di 200 mila unità.
Rispetto alla popolazione italiana, la presenza degli immigrati si situa tra il 5,8% dell’inizio 2008, al 6,5% del 2009, al 7,3% (stima) del 2010.
Fonti: analisi Ismu e dati Istat

Da dove vengono?
La provenienza della popolazione straniera è differente.
Questo è un dato che ci differenzia dai paesi europei di più antica immigrazione e con un passato coloniale, dove la prevalenza di “minoranze etniche” (come vengono definite nel mondo anglosassone) provenienti dalle ex-colonie è molto forte e radicata territorialmente in alcune aree geografiche o, all’interno delle stesse città, in quartieri periferici specifici e connotati etnicamente.
In Italia la pluralità delle provenienze nazionali e l’insediamento diffuso sul territorio (anche se con alcune “punte” nel Centro Nord) favorisce i processi d’integrazione e di mix sociale.
La provenienza degli stranieri in Italia

Rumeni 968.000 +21%

Albanesi 538.000 +11,7%

Marocchini 497.000 +10,8%

Cinesi 215.000 +4,7%

Ucraini 200.000 +4,3%

Filippini 145.000 +3,1%

Dopo l’ingresso della Romania nella UE, i rumeni sono divenuti la prima etnia presente. Questo dato non è frutto di una speciale propensione dei rumeni a trasferirsi nel nostro paese, bensì dell’ingresso nell’Unione europea della Romania dal 1 gennaio del 2007: come qualsiasi cittadino dell’Unione, essi godono della libertà di circolazione nei 27 paesi aderenti all’Unione Europea.
Inoltre molti cittadini di origine rumena registrati statisticamente dal 2007, sono semplicemente ‘emersi’ da una condizione di clandestinità precedente.
Il dato sulla presenza di stranieri in Italia va necessariamente considerato, prestando maggiore attenzione agli immigrati senza permesso di soggiorno (definizione più corretta di ‘clandestini’, termine impreciso e inteso in senso strumentale). Costoro sono la componente che più spesso entra nel dibattito politico e che desta maggiore allarme sociale nell’opinione pubblica.
Fonte: Ismu
«Tutti questi clandestini!»

Chi sono gli irregolari?
L’immigrazione irregolare ha varie origini, spesso sorprendenti: infatti, la maggior parte degli irregolari sono asiatici. In particolare, le stime della Fondazione Ismu del 2008 rilevano che la comunità asiatica proveniente da Cina (10% di tutti gli irregolari), Bangladesh (9,9%), India (7%) e Pakistan (5%) raccoglie più di 207.000 individui irregolari complessivamente pari a quasi un terzo dei 651.000 totali.
La nazionalità dove si ritrova il maggior tasso di irregolarità è quella marocchina (17,1% di tutti gli irregolari, pari a 111.300 persone irregolari): la presenza irregolare di origine nordafricana è pure molto forte, con un totale di circa 135.000 persone se ai marocchini si aggiungono gli Egiziani (3,7%).
La provenienza dell’Est Europa tra Ucraina (6,3%) e Moldova (5,1) vede 72.500 irregolari.

Come si diventa clandestini?
Quasi tutti gli immigrati che giungono in Italia sono, all’inizio del loro percorso, «clandestini». Altri, lo diventano dopo essere stati regolari. La Caritas segnala che numerosi immigrati iniziano da regolari la loro storia migratoria e finiscono nell’irregolarità, per la complessità e la contraddittorietà di alcuni aspetti della normativa. Alcuni casi sono esemplificativi. Un lavoratore che ha un incidente sul lavoro lo denuncia all'INAIL, è dichiarato inabile al lavoro dall'Asl e avrebbe diritto alla pensione di invalidità Inps. Però, essendo inabile al lavoro, non ha più un contratto di lavoro e non può rinnovare il permesso di soggiorno, quindi diventa irregolare. Ancora: un minore disabile (regolarmente registrato sul permesso di soggiorno dei suoi genitori) al compimento dei 18 anni in quanto inabile al lavoro non può avere un contratto di lavoro quindi non può avere il permesso di soggiorno. Non è previsto nessun tipo di "affidamento in tutela" ai suoi genitori.
«E vengono tutti qui!»
Guardando ai dati del 2008 (gli ultimi che consentono una comparazione tra l’Italia e gli altri Paesi europei, gli immigrati rappresentano complessivamente circa il 6% della popolazione: tale dato è in linea con la media UE a 27 che si attesta al 6,2%. Questo dato tuttavia tiene conto di Paesi, come quelli neocomunitari, dove la presenza straniera è praticamente inesistente. Invece, se si compara il dato italiano con quello di paesi nostri competitor osserviamo che quello italiano è tra i più bassi. Per cogliere il reale significato di questi dati è necessario anche conoscere le legislazioni nazionali sull’acquisizione della cittadinanza. Mentre in Spagna vige una normativa simile alla nostra (principio dello jus sanguinis: la cittadinanza dipende dalla nascita da genitore cittadino italiano e da quello della residenza prolungata nel paese ospitante), in Francia vige sia il principio dello jus soli (chi nasce sul territorio ha la cittadinanza), sia quello dello jus sanguinis. In Gran Bretagna fino al 1983 la cittadinanza era largamente concessa anche ai cittadini delle numerosissime colonie. È chiaro dunque che i dati britannici e francesi devono essere ricalibrati in aumento, se si vuole considerare il reale impatto sociale del fenomeno migratorio.

Percentuale di stranieri nei Paesi UE (2008)

EU27 6,2%

EU25 6,6%

EU15 8,9%

Irlanda 12,6%

Spagna 11,6%

Austria 10,2%

Germania 8,8%

Gran Bretagna 6,6%

Italia 5,8%

Francia 5,7%


È nato il bambino 60 milioni.
Nel dicembre del 2008 la popolazione italiana ha raggiunto il traguardo di 60 milioni di individui sostanzialmente grazie all’apporto degli immigrati: la popolazione italiana cresce per il 92% grazie agli stranieri; il saldo naturale italiano (differenza fra nati e vivi) inoltre rimane prossimo al pareggio grazie alla popolazione straniera (saldo degli stranieri uguale a +60.379 contro quello degli italiani di -67.249). Sul totale dei nati in Italia l’11,4% ha genitori di origine non italiana.
È evidente dunque che gli stranieri sono una componente indispensabile a livello demografico per
mantenere l’Italia un paese giovane. Contrastare il costante invecchiamento italiano e combattere le sue gravi conseguenze sociali in termini di spesa pensionistica ed assistenziale si rivelerà una sfida imprescindibile per l’Italia: in questi termini la presenza straniera si sta dimostrando essenziale.
Fonti: Dossier Caritas/Migrantes sulla Criminalità – Ottobre 2009
Comunità di Sant’Egidio, Immigrazione e sicurezza. Rapporto 2009
Rapporto Ismu 2009

«Non gli facciamo costruire le moschee, perché al loro paese non ci fanno costruire le chiese»
Nei paesi islamici sono presenti molte chiese cattoliche.
Molti politici invocano la reciprocità, un concetto del tutto erroneo, perché induce a negare diritti a individui per il semplice fatto che provengono da Paesi dove questi diritti sono negati. Questo argomento è spesso richiamato quando si parla di luoghi di culto.
Nei paesi islamici i cristiani sono un numero molto esiguo, ma è comunque loro garantito un luogo
di culto. Ancora una volta i dati sono eloquenti: ad esempio in Marocco i cattolici sono circa 27 mila, pari a meno dello 0,1%, su una popolazione di 33.757.750 abitanti. Il Marocco ospita 3 cattedrali e 78 chiese.
Il Marocco non è l’unico esempio dove sia garantita ampia libertà di culto. È agevole accertare in tutti i paesi islamici la presenza di basiliche e cattedrali per le quali esistono statistiche più attendibili rispetto a quelle riferite alle chiese. Citando solo i principali paesi islamici, dove è il caso di ricordare che spesso i cristiani costituiscono una piccolissima minoranza: si contano trentadue cattedrali in Indonesia, una cattedrale in Tunisia, sette cattedrali in Senegal, cinque cattedrali in Egitto, quattro cattedrali e due basiliche in Turchia, quattro cattedrali in Bosnia, una cattedrale negli Emirati Arabi Uniti, sette cattedrali in Pakistan, sei cattedrali in Bangladesh. L’unico paese in cui non vi è la presenza di luoghi di culto cristiani è l’Arabia Saudita il cui governo ha avviato una campagna contro le religioni diverse da quella islamica. Come tutti sanno, dall’Arabia Saudita provengono pochissimi immigrati.
In ogni caso, negare luoghi di culto riconosciuti è del tutto contrario alla nostra Costituzione (artt. 19 e 20). Secondo l’Ismu è del tutto auspicabile che vi siano luoghi di culto riconosciuti anche sotto il profilo della sicurezza.
Da ultimo, leggendo un’analisi del Comune di Monza (sindaco leghista), si può notare che su 24mila persone che si dichiarano musulmane in Brianza, solo 4mila sono osservanti.
La maggioranza degli stranieri è cristiana.
Ridurre il problema della libertà di culto alla costruzione o meno di moschee non è rappresentativo delle religioni professate realmente tra gli immigrati; infatti, tra gli stranieri i cristiani sono quasi il doppio dei musulmani.

Religioni tra gli stranieri:

Musulmani 1.200.000

Cattolici 860.000

Altri cristiani 1.100.000

Altre confessioni (induisti, buddisti, sikh) 200.000

Atei 230.000

Non dichiarati 80.000

Non ci sarà nei prossimi anni un’esplosione di fedeli musulmani
In termini di crescita l'aumento dei musulmani, tra il 2009 e il 2030, sarà nell'ordine del 139% e
risulterà simile a quello dei cattolici (+137%), sia a quello dell'insieme degli aderenti alle altre religioni minori (+130%).
Fonte: Rapporto Ismu 2009

«Vengono qua e ci rubano il posto, lavorando in nero»
Gli immigrati hanno lavori regolari.
La quasi totalità di immigrati adulti con permesso di soggiorno presenti in Italia sono iscritti all’Inps: ciò significa che questi lavori contribuiscono al sistema statale italiano senza alimentare il fenomeno del lavoro nero. I dati che si riferiscono all’anno 2007 sono abbastanza eloquenti: gli assicurati stranieri sono 2.173.545, pari al 92% di tutta la popolazione straniera regolare censita.
È evidente che il lavoro nero sarà invece l’unica opzione per gli immigrati senza permesso di soggiorno, in quanto la legge impedisce loro di essere assunti in modo regolare, non avendo i documenti in regola.
Gli immigrati fanno lavori che gli italiani non farebbero.

Occupati totali (%) Occupati stranieri (%)

Dirigenti e imprenditori 4,69 1,25

Professioni intellettuali 10,79 1,58

Professioni tecniche 21,57 4,74

Impiegati 10,68 3,23

Vendite e servizi personali 15,67 16,92

Artigiani, operai specializzati, agricoltori 18,21 29,36

Conduttori di impianti 8,38 12,84

Personale non qualificato 8,75 30,15

Forze armate 1,05 0,0

Totale 100,0 100,0

Fonte: Istat, Rilevazione sulle forze di lavoro, I trimestre 2008.

Gli occupati stranieri svolgono lavori che si concentrano tra quelli manuali e poco specializzati, anche se non mancano quelli professionali e impiegatizi; il 72% è personale non qualificato, conduttore di impianti, artigiano o operaio specializzato, mentre il rimanente svolge professioni intellettuali o tecniche ovvero è dirigente, imprenditore, impiegato o dipendente nel settore del commercio e dei servizi. Tra gli italiani queste percentuali sono esattamente invertite con un 37% di lavoratori che svolgono mansioni manuali. A confermare il dato che gli immigrati svolgono lavori che non sarebbero occupati da italiani arrivano anche ricerche condotte dall’Inps. Gli studiosi statistici dell’Istituto confermano che il lavoro straniero ha quasi naturalmente colmato un vuoto provocato da fattori demografici. Infatti le classi d’età più presenti tra gli stranieri nel mondo del lavoro regolare sono quella dei 25/29 anni e quella 30/35. Le corrispondenti generazioni italiane sono quelle meno numerose in seguito al calo delle nascite e al basso tasso di natalità.
I dati dei vari Decreti Flussi confermano ancora la grande richiesta di lavoro da parte di imprenditori italiani. Le richieste di lavoro nominative nel 2006 sono state 500.000 e nel 2007 ha superato le 740.000. Per la gran parte, il 48,9%, queste domande si riferiscono a lavoro domestico o assistenziale alla persona; nel settore edilizia sono state il 17,7% e per altri settori produttivi, operai o agricoltori, il 33,4%. Le mansioni che svolgono i lavoratori assunti con questa modalità sono nel 95% dei casi non specializzate.
Gli immigrati migliorano la possibilità d’impiego degli italiani.
L’incremento del numero di stranieri non si è associato a un peggioramento delle opportunità occupazionali degli italiani. In particolare il lavoro straniero permette alle donne italiane, che hanno tassi di occupazione bassissima rispetto alla media europea, di essere impiegate, in quanto gli immigrati svolgono mansioni di assistenza domestica e familiare che altrimenti sarebbero svolte dalle potenziali lavoratrici italiane.
Dalle analisi Bankitalia l’esistenza di tale complementarietà tra gli stranieri e le donne è un dato specificamente italiano ed è evidente: «per le donne la crescente presenza straniera attenuerebbe vincoli legati alla presenza di figli e all’assistenza familiare dei più anziani, permettendo di aumentare l’offerta di lavoro». Inoltre, l’effettuazione di mansioni tecniche da parte di individui stranieri permette alle imprese di espandersi e dunque di assumere personale che svolge mansioni dirigenziali: si afferma che il lavoro di stranieri impiegati con mansioni tecniche «può aver sostenuto la domanda di lavoro per funzioni gestionali e amministrative».
Infine, non bisogna sottovalutare il lavoro che imprenditori stranieri danno a lavoratori italiani: a fine 2008 si contavano circa 240mila cittadini stranieri titolari di impresa (il 7% del totale), in prevalenza a carattere artigiano, che garantiscono il lavoro anche ad alcuni dipendenti (attorno ai 200mila, secondo la stima riportata in ImmigratImprenditori della Fondazione Ethnoland). Il Dossier Caritas 2008 stima che questo settore, tenendo anche conto dei soci e delle persone coinvolte in altri ruoli, impieghi mezzo milione di persone.
Gli stranieri contribuiscono al PIL in modo significativo.
Nel 2007 il contributo degli stranieri è stato del 9,1% del PIL. Considerato che la loro presenza era pari al 5,8% della popolazione, il contributo al PIL di uno straniero è mediamente più alto di quello di un italiano. Questo dato può essere solo in parte spiegato con una differenza anagrafica della popolazione straniera, in quanto gli italiani svolgono lavori più specializzati a più alta produttività eche dovrebbero contribuire maggiormente al prodotto economico italiano.
Fonti: Dossier Caritas/Migrantes sulla Criminalità – Ottobre 2009
Rapporto Ismu 2009
Comunità di Sant’Egidio, Immigrazione e sicurezza. Rapporto 2009
Laura Squillaci, Inps, il «tesoro» degli immigrati, Il Sole 24ore, 1.9.2008
Giuseppe Maddaluna e Francesco Papa, I giovani stranieri danno ossigeno ai conti del welfare, Il Sole 24ore, 1.9.2008
Dossier Banca d’Italia, L’economia delle regioni italiane nell’anno 2008

«Quelli che vengono sono i peggiori!»
L’Associazione Naga da anni aiuta immigrati senza permesso di soggiorno nella zona di Milano: nel 2008 ha considerato la condizione dei 4.400 immigrati che hanno chiesto assistenza.
Gli immigrati al loro arrivo non conoscono la lingua e non si sanno orientare nel paese; una volta
avuto il tempo di ambientarsi in Italia trovano facilmente occupazione: questo vale tanto per gli
stranieri irregolari che regolari.
A parità di “voglia di lavorare” le occasioni di lavoro dovrebbero aumentare in relazione alla durata della loro permanenza. Ed è proprio quello che succede sul campione “Naga”: le percentuali di occupati per coloro che risiedono in Italia da meno di un anno è solo del 34%, ma dopo due anni arriva a circa il 65% fino ad arrivare al 76% dopo quattro anni.
I dati Naga segnalano che la quota di immigrati irregolari che lavorano è assolutamente uguale a quella della popolazione italiana. La media di occupati nella popolazione italiana tra i 15-65 anni è del 58,7% che sale in Lombardia al 66,7%: il campione Naga registra un tasso del 60% ma bisogna comunque tenere conto che un quarto del campione è in Italia da meno di un anno: al crescere della permanenza gli irregolari occupati arrivano a superare il dato riferito agli italiani.
Tassi di occupazione (15-64): popolazione italiana e dati Naga. Rapporto Naga 2008

In Italia da anni:

Popolazione Italiana Istat 2007

Totale 0-1 1-2 2-3 3-4 4 o più Pop. it. Pop. lomb.

Tasso di occupazione (%)

61,6 33,8 65,1 73,9 76,1 70,4 58,7 66,7


Gli immigrati hanno studiato.
Gli immigrati hanno spesso un titolo di studi superiore conseguito nel proprio Paese d’origine e sono comunque istruiti. La comunità di Sant’Egidio segnala che su circa 32.000 studenti che hanno frequentato la scuola di lingua italiana evidenzia che l’86% ha studiato nel loro paese di origine oltre 11 anni e il 37% è in possesso di un diploma di laurea.
La stessa realtà è evidenziata dal già richiamato rapporto Naga 2009 che riguarda solo immigrati
senza documenti in regola: gli analfabeti sono il 4,2%, coloro che hanno un titolo di scuola media superiore sono il 42,8%, mentre i laureati sono il 10,2%.

Gli immigrati hanno spesso un’istruzione uguale o superiore alla media agli italiani.
Se consideriamo i dati della popolazione con cittadinanza italiana, le percentuali sono assolutamente paragonabili (se non addirittura peggiori). Interessante notare come un decimo degli irregolari considerati abbia una laurea contro il 12% della popolazione italiana.

Rapporto Naga, 2008 Popolazione italiana, Istat 2007

Totale

15-64 25-34 35-44 Totale

15-64 25-34 35-44

Analfabeta 4,0 3,3 4,6 - - -

Scuola elementare 11,0 9,9 11,6 12,7 3,6 5,9

Scuola media inferiore 31,7 30,6 30,1 36,5 28,9 39,1

Scuola superiore 43,1 44,2 41,9 38,8 48,7 41,0

Università 10,1 12,0 11,7 12,0 18,9 14,0

Non esiste un aumento del tasso di criminalità legato all’immigrazione.
La popolazione straniera, nella condizione di migrante, è più esposta della popolazione residente alle attività criminali. Ciò è un dato confermato in tutti i Paesi europei. Parlare, però, di un’equazione tra immigrazione e aumento della criminalità è errato e fuorviante. Nonostante la percezione vada nella direzione opposta, infatti, non si può affermare che i flussi migratori hanno aumentato i pericoli per la popolazione italiana.
È senz’altro vero che da quando l’immigrazione è divenuto un fenomeno allarmante, cioè dal 2001 al 2005 (anno in cui vi sono rilevazioni di Istat e Ministero dell’Interno), le denunce a carico di stranieri è aumentato del 45,9%, ma bisogna considerare che la popolazione straniera regolare è allo stesso tempo raddoppiata e che nel dato sulle denunce si tiene conto degli stranieri senza permesso di soggiorno. La quota di stranieri denunciati sul totale degli stranieri regolari in Italia si ferma al 2% circa. La tesi della corrispondenza tra consistenza numerica degli immigrati e reati da loro commessi è rigettata in una ricerca del 2008 della Banca d’Italia: il numero dei permessi di soggiorno nel periodo 1990-2003 si è quintuplicato, mentre la criminalità ha mostrato una lieve flessione.
Il rapporto della Banca d’Italia conclude che «in linea teorica non c'è stato un aumento diretto della criminalità in seguito alle ondate di immigrazione in nessuno dei reati presi in considerazione (reati contro la persona, contro il patrimonio e traffico di droga)».

I clandestini non sono criminali per natura.
Non vi è un parallelismo tra la presenza di stranieri e il numero dei reati commessi. Ad esempio, abbiamo visto che circa un terzo della popolazione straniera senza permesso di soggiorno ha provenienza asiatica; i dati del Ministero dell’Interno segnalano anche che gli arrestati e denunciati di queste etnie è ridotta.
Gli stessi dati del Viminale lo evidenziano che un’equivalenza fra criminalità ed irregolarità è semplicistica e non rappresentativa del fenomeno criminale.
Fonti: Paolo Buonanno e Paolo Pinotti, Do immigrants cause crime? - Paris School of Economics Working Paper
Dossier Caritas/Migrantes sulla Criminalità – Ottobre 2009
Rapporto Naga 2009
Comunità di Sant’Egidio, Immigrazione e sicurezza. Rapporto 2009
Carlo Devillanova, Francesco Fasani e Tommaso Frattini, Lavorare a Milano. Da Clandestini, Lavoce.info, 28.12.2009

«Infatti sono tutti in galera»
E il reato di immigrazione clandestina?
I detenuti stranieri costituiscono una buon parte del totale: sono il 37,4% con differenze importanti da zona a zona. Nel Nord l’incidenza è particolarmente forte: si va dal 69,7% della Valle d’Aosta al 46,4% della Lombardia e in tutte le Regioni la percentuale si attesta sopra il 50%. Al Sud il dato è meno drammatico ma comunque rilevante: spicca il Lazio con il 40,9% e seguono le altre con percentuali che si aggirano nella media del 20-25%, fino alla Campania con il 13,1%.
È senz’altro vero che la popolazione carceraria è composta in maniera preponderante da stranieri soprattutto se in rapporto alla popolazione. È anche vero che bisogna analizzare i reati per i quali sono perseguiti per comprendere la loro effettiva pericolosità sociale.
Moltissimi immigrati finiscono in carcere per infrazioni legate alla loro condizione di clandestinità:
sul totale delle denunce a carico di stranieri, infatti, quasi il 30% delle denunce è legato all’immigrazione clandestina. In particolare: trasgressione delle leggi in materia di immigrazione(14,7%), false dichiarazioni sull’identità (4,2%), resistenza a pubblico ufficiale (3,8%), falsità di privati in atti pubblici e atti falsi (3,4%). In questa rassegna non è ricompresa la nuova fattispecie di immigrazione clandestina (il ‘reato’ introdotto dal governo Berlusconi) che potrebbe aumentare di molto le statistiche.
Su un totale di circa 65mila detenuti, il 37%, è composto da immigrati provenienti per lo più dal Nord Africa, dalla Romania e dall’Albania. Più precisamente sono circa 4.333 i detenuti stranieri
provenienti da paesi comunitari e 19.666 quelli da paesi extracomunitari. Negli istituti penitenziari del Nord la percentuale di detenuti stranieri oscilla tra il 60 e il 70% e in alcune carceri si arriva all’83% (Padova).
La motivazione dell’arresto degli stranieri è spesso legata a piccoli reati, per i quali è prevista una pena detentiva di breve durata, in alcuni casi inferiore a sette giorni, e alla mancata concessione di misure alternative alla pena detentiva, che – invece – sono usualmente concesse agli italiani.
Agli stranieri, infatti, proprio in ragione del loro status sociale e del loro mancato radicamento all’interno di una comunità territoriale, le forme alternative di esecuzione della pena previste dall’Ordinamento Penitenziario sono raramente applicate. Tuttavia, i dati forniti dallo stesso Ministero della Giustizia confermano che la mancata concessione delle misure alternative influisce negativamente sui comportamenti recidivanti dei condannati. In altri termini, sussiste un maggior numero di recidivi tra coloro che hanno dovuto scontare l’intera pena in carcere rispetto a quelli ai quali è stata concessa una misura alternativa per i quali, pertanto, è maggiormente facilitato il reinserimento nel tessuto sociale. Ciò vale per gli italiani e per gli stranieri.

Fonti:
Osservatorio ItaliaRazzismo
Ministero della Giustizia, Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria
Rapporto Ismu 2009
Rapporto sulla criminalità in Italia. Analisi, Prevenzione, Contrasto, Ministero dell’Interno, 2007
Transcrime

«Vengono qui e si fanno curare a nostre spese»
Per la verità pagano le nostre pensioni.
Il sistema previdenziale è costruito su un sottile equilibrio tra lavoratori e pensionati: i primi pagano la pensione ai secondi, in attesa di andare in pensione. Quindi più pensionati ci sono, più lavoratori sono necessari perché il sistema non collassi.
I lavoratori immigrati hanno contribuito a tenere alto il rapporto tra lavoratori e pensionati con la loro partecipazione all’Inps. Lavoce.info ha sottolineato come l’istituto di previdenza sia in attivo sostanzialmente per i contributi stranieri: l’apporto degli immigrati appare il fattore più rilevante proprio perché rappresenta il fatto nuovo e più significativo dell’ultimo decennio in termini di crescita degli occupati e dei relativi contributi previdenziali, in grado di spiegare, quasi da solo, accanto all’aumento delle aliquote, il mutamento nei conti economici dell’Inps.
La tabella riportata lo dimostra.

Anno 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008

Lavoratori stranieri Inps (in milioni) 1 1.4 1.5 1.6 1.8 1.9 2.1 2.2

Bilancio Inps: Risultato di esercizio

(in miliardi di euro) +1 +3.1 +0.4 +5.2 +2 +1.2 +6.9 +6.9

I dati dell’Inps mostrano come i contributi degli immigrati nel 2008 siano circa il 4% del totale, pari a circa 6,5 miliardi; tali cifre sono incrementate nettamente negli ultimi anni con un aumento di 4 miliardi dall’inizio del decennio. Quindi, i contributi degli stranieri pagano il 4% delle nostre pensioni.
Gli stranieri saranno pensionati solo fra molti anni, non “pesando” così sul bilancio dell’Inps. Questo in quanto l’età media degli stranieri residenti è 30,9 anni, mentre quella degli italiani è di 43,5 anni.
Inoltre, Lavoce.info sottolinea che gli immigrati stranieri realmente percettori di una prestazione Inps sono un numero esiguo, inferiore al 2%.
Gli immigrati pagano le tasse (e pochissimi le evadono).
L’Agenzia delle entrate ha reso noti i dati che si riferiscono alle dichiarazioni dei redditi per l’anno
2004, quando sono state presentate 2.259.000 dichiarazioni da parte di cittadini stranieri. L’81% degli stranieri regolari all’epoca aveva dichiarato di percepire redditi. Dal 2004 al 2008, l’apporto degli immigrati al gettito è passato da 1,87 miliardi a 3,2 miliardi di euro.
Quanto ci abbiamo guadagnato dalle sanatorie.
La regolarizzazione del settembre 2009 si è chiusa con 294.744 domande di assunzione di lavoratori non comunitari come collaboratori familiari o badanti: l’operazione ha fruttato 154 milioni di euro in contributi arretrati e marche, mentre nel periodo 2010-2012 farà entrare nelle casse dell’Inps 1,3 miliardi di euro supplementari.

Contribuiscono più di quanto percepiscano.
È evidente che per il sistema previdenziale gli immigrati sono più una risorsa che una zavorra. Il rapporto Caritas 2008 evidenzia che secondo i dati del 2005, per interventi diretti rivolti specificamente agli immigrati sono stati spesi dai comuni 136,7 milioni di euro, il 2,4% della loro spesa sociale, pari a 53,9 euro pro capite. Tenendo conto che gli immigrati sono anche beneficiari dei servizi rivolti alla generalità della popolazione, le somme utilizzate a loro beneficio potrebbero salire al massimo a 1 miliardo di euro e dunque sarebbero abbondantemente coperte dalle entrate che essi garantiscono.
Altre studi della Banca d’Italia, pur nella difficoltà di calcolare l’incidenza degli immigrati sulla spesa sociale, confermano che agli immigrati vada circa il 2,5% di tutte le spese di istruzione, pensione, sanità e prestazioni di sostegno al reddito, al massimo la metà di quello che assicurano in termini di gettito.
Fonti
Dossier Caritas 2008 e 2009
Rapporto Ismu 2009
Comunità di Sant’Egidio, Immigrazione e sicurezza. Rapporto 2009
E l’immigrato aiuta le pensioni degli italiani, Andrea Stuppini, 01.12.2009, Lavoce.info

«Nelle graduatorie per la casa sono favoriti gli stranieri»
Gli immigrati non sono favoriti nei criteri.
Per considerare l’incidenza degli stranieri sulle case popolari è stata considerata la situazione del Comune di Torino dove esistono circa 18.000 alloggi pubblici.
I criteri per assegnare le case popolari non favoriscono gli stranieri, anzi. Infatti i parametri di cui si tiene conto in prima battuta per stilare le graduatorie sono reddito (che però assegna un punteggio poco rilevante) e numero di componenti solo se superiore a 5 unità. In seconda battuta si tiene conto dell’età e di eventuali disabilità che abbia il soggetto. Gli immigrati sono tendenzialmente giovani, perfettamente abili e con nuclei familiari sotto le 5 unità. Prima gli italiani: gli immigrati non vincono nelle graduatorie.
Negli ultimi anni a Torino i bandi per l’assegnazione degli alloggi pubblici sono stati nel 2004 e nel
2009. Le domande presentate da cittadini stranieri sono state una buona parte del totale (nel 2004 sono il 31% e nel 2009 salgono al 45%), tuttavia solo pochi sono effettivamente assegnatari di case popolari: rispetto al bando 2004 solo il 10% è rappresentato da stranieri.
Fonte: Assessorato alle politiche per la casa, Comune di Torino

Il dato reale: Spesso si sente dire «gli stranieri rubano le case agli italiani», oppure che nella graduatoria per l'assegnazione delle case popolari «loro hanno sempre la precedenza»? I dati dell'assessorato alle Politiche della casa del Comune di Genova spazzano via i luoghi comuni. Meno del 5% degli alloggi a disposizione è stato assegnato ad un "nuovo" genovese. Il riferimento è all'ultimo bando pubblicato a fine 2007: dal primo gennaio 2009 al 15 dicembre passato, sono stati assegnati 115 alloggi ad altrettanti cittadini italiani. È il 69,28%. Ai genovesi di origine straniera sono andati 9 alloggi in tutto, il 7,83%. Vanno anche considerate le 61 sistemazioni provvisorie: di queste solo 10 relative ad extracomunitari. Insomma, per 185 abitazioni messe a disposizione dal Comune ci sono 9 contratti stipulati da extracomunitari. Erano state presentate 3.182 domande, poco meno di un quarto da non italiani: di questi, 52 con cittadinanza europea, gli altri 702 provenienti da continenti diversi.
A Bologna, le richieste di una casa al Comune da parte di stranieri nell´ultima graduatoria (aggiornata ad agosto 2009) sono il 46% del totale, mentre nelle assegnazioni si fermano a quota 35% (77 alloggi contro i 142 assegnati a italiani). Sui 12.458 alloggi popolari attualmente assegnati dal Comune di Bologna, 1.122 sono occupati da stranieri (9,64%). Dato da confrontare con la percentuale dei residenti che arrivano dall'estero: a Bologna sono l’11,2%.
Per quanto riguarda le graduatorie, facendo riferimento al Comune di Monza, graduatoria 2008 (terzo bando, 2° semestre), nelle prime 100 assegnazioni, sono 22 gli stranieri assegnatari.

Fonti
Repubblica Metropoli su dati Comune di Genova e di Bologna.
Comune di Monza.

Gli immigrati comprano casa.
Prato è la provincia italiana con la più alta percentuale di acquisti di stranieri, sul totale mercato immobiliare (23%), seguita da Roma (16,5%), Torino (11,5%), Venezia (9,2%), Milano (7,8%) e Bologna (6%). Nel 2009 a comprare una casa sono stati soprattutto rumeni, cinesi e indiani. Prima della crisi, che ha visto un calo molto sensibile nelle transazioni, erano gli immigrati a contribuire decisamente all’attenuazione della flessione del mercato immobiliare italiano (circa 130mila nel 2006 e 2007, più di 100mila abitazioni acquistate nel 2008, 78mila nel 2009).

Il dato dell’acquisto sul totale del mercato nel 2008 (prima della sensibile diminuzione di cui abbiamo parlato): Provincia di Milano 9%. Bergamo 13,6%. Brescia 14%. Como 14,9%, Padova 10,4%. Torino 18,4%. Treviso 13%. Varese 11%. I dati più significativi: Alessandria 32%. Cremona 24,6%. Vicenza 23,2%. Se è vero, quindi, che hanno accesso al patrimonio di case popolari di cui l’Italia si è dotata nel corso del secolo scorso, è altresì vero che contribuiscono a creare ricchezza per gli italiani che dispongono di un patrimonio abitativo.
Fonte: Scenari immobiliari

«Ci portano via le nostre donne»
Sono gli italiani che sposano le “loro” donne.
Vediamo quanti stranieri sposano italiane, quanti italiani sposano straniere.
Nel 2006 si sono celebrati 245.992 matrimoni, il 14% sono misti (24.020). La maggior parte, esattamente 19.029, riguarda un cittadino italiano che sposa una cittadina straniera. L’80% dei casi.
Fonte: Comunità di Sant’Egidio, Immigrazione e sicurezza. Rapporto 2009.


«Meno male che c’è la Lega»
Il fallimento delle “ronde di governo” è sotto gli occhi di tutti. Prima del decreto Maroni c’erano 68 ronde (di cui 17 in Lombardia, 10 in Veneto, 5 in Piemonte, Liguria, Emilia, Toscana), dopo il decreto solo 6 di queste hanno chiesto di essere ‘regolarizzate’ (2 a Roma, 1 a Milano, 1 a Treviso). Molta enfasi e poca sostanza: quasi nulla. L’attività della Lega, con l’indifferenza del Pdl, si è distinta per la promulgazione di numerose ordinanze e delibere contro gli stranieri, a livello locale e regionale.
Quasi tutte le norme regionali sono state impugnate e bocciate dalla Corte Costituzionale, a cominciare dalla legge contro i phone center in Lombardia, così come alcune norme riguardanti il
criterio di residenza per l’accesso ai servizi (casa e trasporti, ma anche bonus bebè).
In generale, numerose sentenze del Tar hanno invalidato ordinanze e delibere comunali discriminatorie.
Nessuno conosce i risultati di simili iniziative, se non dal punto di vista della penalizzazione degli stranieri, spesso imprenditori o liberi professionisti, che in molti casi si trovano costretti a chiudere.
Norme cattive, discriminatorie, strumentali, elettorali, poco concrete e nella stragrande maggioranza dei casi del tutto inutili, che creano tensioni e, anziché risolvere i problemi, li rinnovano e li rilanciano.

«Ci vogliono classi per soli stranieri»
Gli alunni stranieri sono nati in Italia e parlano italiano.
Gli alunni figli di genitori stranieri, nell’anno scolastico 2008/2009, sono saliti a 628.937 su un totale di 8.943.796 iscritti, per un’incidenza del 7%. L’aumento annuale è stato di 54.800 unità, pari a circa il 10%; l’incidenza più elevata si registra nelle scuole elementari (8,3%).
Di questi studenti 1 ogni 6 è rumeno, 1 ogni 7 albanese e 1 ogni 8 marocchino, ma si rileva di fatto una gran varietà di nazionalità. Gli alunni stranieri sono tali solo all’anagrafe, essendo in buona parte dei casi nati in Italia e vissuti per tutta la loro vita con coetanei italiani: per costoro evidentemente la lingua non è un problema. Quasi 4 su 10 (37%) sono nati in Italia, ma il rapporto sale a 7 su 10 (71,2%) tra gli iscritti alla scuola dell’infanzia.

Le maestre non ricorrono a tetti o classi d’inserimento.
Dal rapporto Ismu 2009 emerge che lo strumento al quale maestre e professoresse più ricorrono per l’integrazione dell’alunno straniero è l’inserimento in classi a stretto contatto con i coetanei; viene trascurato il ricorso a tetti per classi o al raggruppamento degli studenti di uno stesso paese. Invece, si ricorre a strumenti specifici per l’accoglienza come protocolli, linee guida, commissioni d’accoglienza e test d’ingresso: queste azioni si svolgono all’interno del normale corso scolastico.
Adozione di criteri specifici da parte degli insegnanti per l’inserimento nelle classi di alunni di origine immigrata per area territoriale. Valori percentuali:
Nord-ovest Nord-est Centro Sud e isole Totale
Si preferisce inserire l’alunno in classe con i coetanei 79,7 67,5 70,1 91,3 75,2
Si accolgono tutte le domande di iscrizione dell’anno 77,7 62,6 76,3 84,8 73,7
Rispetto delle linee guida per accoglienza e integrazione 72,3 82,1 50,6 47,8 67,4
È stata istituita una specifica commissione d’accoglienza 48,0 65,1 48,5 13,0 49,3
È stato predisposto un protocollo di accoglienza 48,6 64,2 33,0 15,2 45,8
Ci si avvale anche della collaborazione degli Enti locali 42,6 60,1 37,1 26,1 44,7
Sono previsti test di ingresso per definire la classe 40,5 43,9 33,0 34,8 39,1
La famiglia viene consultata nella scelta della classe 43,3 35,8 32,0 23,9 36,2
Ci si avvale anche della collaborazione del terzo settore 22,3 42,3 10,3 10,9 24,2
Si tende a raggruppare alunni di uno stesso paese 14,2 23,6 10,3 32,6 18,1
Stabilito un tetto massimo di alunni immigrati per classe 4,7 19,5 11,3 34,8 14,0
Gli ingressi di immigrati sono coordinati con altre scuole 8,8 12,2 17,5 8,7 11,8
Fonte: Censis 2008

Ci vorrebbe più integrazione e sostegno nel corso degli studi.
Nel percorso scolastico, s’incontrano differenze tra gli studenti immigrati e quelli italiani a causa di problemi di ritardo, dispersione, insuccesso, specialmente nella scuola secondaria superiore.
Gli studenti immigrati sono promossi in misura sostanzialmente uguale nella scuola elementare, dove i programmi d’inserimento sono più specifici e mirati (99,9% di studenti italiani contro il 96,4% di stranieri), mentre le differenze si accentuano nella scuola media e superiore, dove sono pressoché assenti programmi d’integrazione (nella media 97,3% contro il 90,5% e nella superiore l’86,4% contro il 72%). Tra primaria e secondaria, lo stesso trend si riscontra nel ritardo negli studi degli studenti immigrati rispetto a quelli italiani: le difficoltà sono minime o molto basse nella scuola primaria e crescono con il passaggio alle scuole secondarie.

Alunni in ritardo (in valori percentuali), per livello scolastico. A.s. 2007/2008

Ordine e grado di istruzione Italiani Non italiani

Primaria 1,8 21,1

Secondaria di I grado 6,8 51,7

Secondaria di II grado 24,4 71,8

Totale 11,6 42,5

Fonti:
Elaborazioni su dati del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca
Dossier Caritas 2009
Rapporto Ismu 2009


«Gli vogliono dare il voto perché votano tutti a sinistra»
Un’indagine Ismu-Orim della Regione Lombardia precisa che gli stranieri voterebbero in modo molto diverso. Alcuni, soprattutto i neocomunitari (Europa dell’Est), voterebbero a destra, con percentuali bulgare (e non è una battuta). Si distinguono per il voto a favore di forze conservatrici soprattutto i rumeni (nel 64,2% dei casi voterebbero a destra). Così anche i cinesi (53,3%). A sinistra guarda il ‘collegio’ Africa e le persone che provengono dall’America Latina. Lo stesso vale per le religioni, che indicano un voto verso sinistra di induisti, musulmani e sikh, mentre a destra guardano ortodossi, buddisti e copti.
L’Italia è al settimo posto in Europa per numero di concessioni della cittadinanza, proprio in conseguenza di un impianto normativo restrittivo (Caritas).
Secondo un’indagine Ministero dell’Interno-Makno (2008), i cittadini italiani che si dichiarano favorevoli alla cittadinanza dopo 5 anni erano il 51,8% nel 2007. Nel 2008 erano diventati il 59%. A questi (favorevoli incondizionatamente) vanno aggiunti i favorevoli «purché le verifiche siano
effettive»: 11,5% nel 2007, 13,1% nel 2008. In totale il 72,1% degli italiani si diceva favorevole già più di un anno fa alla concessione della cittadinanza dopo 5 anni.

Fonti:
Ismu e Orim: Quindicesimo Rapporto sulle migrazioni 2009, FrancoAngeli, Milano 2009, p. 165.


«Non si vogliono integrare»
Nella presentazione della proposta di legge Granata-Sarubbi, presentata il 30 luglio 2009, così si legge: «Nel 2007, i nati di cittadinanza non italiana hanno superato quota 64.000, corrispondenti a circa l’11,4 per cento del totale, con un incremento di quasi il 90 per cento rispetto alla situazione di soli sei anni fa. Importanti sono anche le cifre riguardanti il mondo del lavoro (stranieri sono poco meno del 10 per cento degli occupati), l’incidenza sul lavoro autonomo (165.000 nel 2007 sono stati i titolari di impresa; 52.000 i soci e 86.000 le altre figure societarie) e di chi acquista casa (120.000 i mutui accesi dagli stranieri). Tutti dati che dimostrano come la popolazione straniera tenda a scegliere l’Italia come Paese di adozione.
Notiamo la differenza macroscopica tra questi Paesi: nel 2005, 19.266 stranieri hanno acquisito la cittadinanza italiana; nello stesso periodo erano 154.827 in Francia, 117.241 in Germania e 48.860 in Spagna. Utile è anche l’analisi delle cittadinanze concesse in Italia negli ultimi anni: un aumento importante (dalle 10.645 nel 2002 alle 35.766 del 2006) ma che non raggiunge mai il livello degli altri grandi Paesi europei di immigrazione.
La proposta di legge poggia su due capisaldi: da un lato mira a fare sì che il minore nato in Italia da un nucleo familiare stabile acquisisca i pari diritti dei coetanei con i quali affronta il percorso di crescita e il ciclo scolastico; in tal modo si evita il crearsi di una «terra di mezzo», dove i bambini nati da genitori non italiani crescano con un senso di estraniazione dal loro contesto, pericoloso per il futuro processo di integrazione e di inserimento sociali del minore. Questo si ottiene passando dall’attuale principio dello «jus sanguinis» al principio dello «jus soli», temperato e condizionato dalla stabilità del nucleo familiare in Italia o dalla partecipazione del minore a un ciclo scolastico/formativo.
L’altro caposaldo della presente proposta di legge prevede una svolta paradigmatica nella concezione del meccanismo di attribuzione della cittadinanza in Italia, passando da un’ottica «concessoria e quantitativa» a un’ottica «attiva e qualitativa». La cittadinanza deve diventare per lo straniero adulto un processo certo, ricercato e formativo; il punto di arrivo di un percorso di integrazione sociale, civile e culturale e il punto di partenza per il suo continuo approfondimento.


«Fermiamo gli sbarchi!»
Qualcuno le chiama «carrette del mare», altri, più volgarmente, i «barconi» (ricordate il famoso slogan di Prosperini, assessore della giunta Formigoni: «Ciapa su ‘l camel, la barcheta e te turnet a ca»). Eppure solo una piccola parte di immigrati arriva in Italia via mare: questa modalità costituisce un canale di ingresso marginale sotto il profilo della dimensione e contribuisce in misura comparativamente modesta e decrescente allo stock di immigrati irregolari presenti in Italia. Dal 1998 al 2007, gli stranieri sbarcati sulle nostre coste variano da 13.000 a 50.000 a seconda dell’anno. Rispetto ai principali indicatori, i clandestini sbarcati dalle «carrette del mare» non abbiano mai superato il 15% del totale e spesso siano stati inferiori al 10%. La ragione della popolarità di questa immagine risiede nella maggiore visibilità di tale modalità di ingresso regolare.
Pochi entrano eludendo i controlli di frontiera. La maggior parte degli immigrati viene in Italia con visto turistico, attraverso un transito regolare dalle frontiere (in particolare orientali), molti, tra l’altro, sono neocomunitari. È questa, e non quella dei clandestini, la componente più cospicua della presenza straniera irregolare.
Fonte: Ministero dell’Interno, Rapporto criminalità 2007.


«Come fanno ad accettare di lavorare per pochi euro?»
A Rosarno gli immigrati che lavoravano nella raccolta degli agrumi percepivano 20 euro al giorno, di cui 5 da restituire al caporale. La giornata di lavoro è di quattordici ore. La paga oraria, quindi, di un euro o poco più. In alcuni Paesi del mondo, da cui questi individui provengono, la paga giornaliera, per chi ha un lavoro, è di 2 dollari al giorno. Il cambio fatelo voi. E, almeno in questo caso, datevi anche la risposta.



Il presente prontuario è dedicato alla sciura Maria.

Da un’idea di Andrea Civati.

Hanno collaborato: Giuseppe Civati, Ilda Curti, Ernesto Ruffini, Roberto Tricarico.

Grazie a Alessandro Capriccioli e Francesca Terzoni.

È un’iniziativa de La «banda» largawww.ibandalarga.it

La presente è la versione 1.0.

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