martedì 6 aprile 2010

Le macchinine ai maschietti e le bambole alle femminucce? Decidono i genitori

Reparto "libri per l'infanzia" di una grande libreria. Metà mattina. La piccola - quattro, cinque anni - scorre con occhio vago la fila di libri alla sua altezza fin quando resta affascinata da un volume che promette di svelare i segreti della meccanica. Osservo - non visto -  il libro dai colori sgargianti, la bimba che lo trae dallo scaffale, la giovane madre - elegante, tacchi a spillo, volto un po' tirato - che a sua volta guarda, innervosita, la bimba: "Laura!" (la piccola è concentrata nello sfogliare le pagine e non ode) "Laura!!" (il tono è più alto ed acuto, ora e "buca" la concentrazione di Laura) "Lascia stare; è roba da maschi!"  Nel lessico familiare di Laura, evidentemente, il fatto che qualcosa sia roba da maschi - o da femmine - ha un valore ultimativo. Le manine depongono il volume - risucchiato nel favoloso ed inattingibile empireo delle robe da maschi e la piccola Laura (ribadita nel suo status di femmina) si allontana con un ultimo, incerto sguardo di rimpianto.
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1 commento:

Anonimo ha detto...

Da bambino, volevo imparare a lavorare la maglia, ma mia madre, alla quale erano affidate educazione e custodia, non fu d'accordo: roba da femmine, e finì così. Poi Iria - non so se la rammenti, scritta per commemorare la nostra prima storica vacanza in Grecia, nel 1988 - racconta di Vassili che sferruzzava alla sua calza pomeridiana. Sì, il vecchio greco nel suo furgoncino passava i pomeriggi a far la calza, per rilassarsi, mentre la moglie s'impegnava in non so che. Forse faceva un pisolino. E così ci perdevamo, allora, nella campagna greca: un momento di grande intensità.

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