Giovane siciliano, meridionalista per vocazione, non conoscevo nessun leghista. Allora ho deciso di incontrarli tutti. Tutti insieme e in una volta: sono andato a Pontida. Né lunga né corta la fila d’auto, alle otto e mezza del mattino, di pullman, di ombrelli sotto la pioggia, al freddo. Già all’insegna del primo parcheggio – insegna verde – era chiaro tutto ciò che avrei messo da parte. Le tentazioni del folclore, la supponenza federiciana di fronte all’abbazia, la soddisfazione di vedere auto “posteggiate alla napoletana”; e poi i banchetti padani, i costumi celtici e le vuvuzelas verdi sul prato – un pantano semideserto.
Il produttore agricolo di Parma, ombrello giallo marcato “Parmigiano reggiano”, leghista da “quote latte”, subito si schermisce dall’accusa di razzismo: gli immigrati della sua azienda vivono in case «più a regola della sua» – la legge, si sa, “impone controlli”. Incuriosita, si avvicina una signora matura. È il tipo leghista che forse non avrei voluto incontrare affatto: il meridionale emigrato. È calabrese – a Vercelli da ragazzina – e mi racconta delle sue vacanze estive laggiù, dei tanti che riconoscono: «ce l’avessimo noi uno come Bossi!»
Piemontesi e veneti arrivano per primi e fieri, a raccogliere tributi ai loro risultati: mi sembrano decisamente in maggioranza, chissà. Da Novara parlano di buona amministrazione, [....]
1 commento:
Ben scritto, l'articolo/reportage di Provenzano.
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