martedì 24 agosto 2010

Fotocopie (dedicated to D. Parfit)




Il nuovo modello era veramente avanzatissimo. Niente a che vedere con il teletrasporto a cui eri abituato, che ti consentiva sì di spostarti istantaneamente da un pianeta all'altro, ma distruggeva l'originale nella cabina di partenza. Oddio, non che la cosa ti importasse molto, visto che tu uscivi dall'apparecchio identico a come vi eri entrato un'istante prima, ma ad anni luce di distanza, e ti sentivi proprio te, con tutti i tuoi ricordi, sensazioni, corpo. Però, c'era sempre questo fatto della distruzione.... e se qualcosa non avesse funzionato, mentre lo scanner ti ricostruiva a destino? Quanto avresti dovuto rimanere memorizzato in un hard-disk, prima della riparazione? 
Insomma, la Compagnia che gestiva il servizio di teletrasporto - veramente consumer-oriented, come recitava il suo slogan: "In qualunque parte dell'Universo, dalla parte dei nostri Clienti!!" aveva messo sotto pressione i propri ricercatori, ed ecco qua: infilavi una moneta da 2 Euro in una fessura; si apriva silenziosamente una porta; ti accomodavi in una comoda poltroncina nel piccolo, elegante vano dalle luci soffuse. La porta si richiudeva silenziosa, le luci si abbassavano per un istante, la porta si riapriva e tu potevi uscire, mentre ad anni luce di distanza una perfetta copia di te stesso usciva da un'identica porta. Ai più audaci, un modico sovraprezzo consentiva il brivido di parlare brevemente  con il te stesso là, sull'esopianeta. Ma la Compagnia non  pubblicizzava eccessivamente questo add-on.
Così, tu potevi essere contemporaneamente su più mondi a seguire i tuoi affari, o impegnato in piacevoli evasioni. Certamente, i destini personali delle tue copie iniziavano ad divergere nell'istante stesso dell'uscita dalla cabina di teletrasporto, ma si supponeva che il fondamento dell'identità personale - qualunque cosa ciò significasse -  rimanesse abbastanza stabile da consentire ad un qualunque tribunale di riconoscere come tue, ed autentiche, le firme che la tua copia (pardon, tu!)) apponevi ai contratti, o sul conto dell'albergo, là sull'esopianeta. L'autoduplicazione sullo stesso pianeta era proibita, ma niente vietava di spargere un numero indefinito di copie di te stesso per tutto l'universo. 
Il nuovo apparecchio, a basso consumo energetico, completamente  riciclabile, leggero e sicuro - sopratutto sicuro - era andato incontro ad un successo travolgente. 
Fino alla comparsa del sciur Roberto. 
Lo sciur Roberto era varesotto ed ostentava - dalla nascita - un paio di baffetti vagamente himmleriani. Di questo suo antico modello possedeva anche lo sguardo fisso e vitreo e l'ossessione per la purezza e per le radici - un Blubokult declinato in chiave localistica  -, indice di una determinazione paranoica. Lo sciur Roberto aveva colto - della nuova macchina - un aspetto che era sfuggito ai più: la possibilità di utilizzarla per conquistare il mondo e fondarvi il millenario regno della purezza razziale e dialettale. E come? Ma semplicemente duplicandosi in un numero sufficiente di copie e rispedendo queste verso il luogo di origine! E' vero che non ti potevi duplicare sullo stesso pianeta, ma non esistevano norme - nessuno ci aveva pensato -  che vietavano il ritorno di una copia, o di un numero indefinito di queste - e tutte con piena cittadinanza - verso il pianeta dove vivesse l'originale.
L'eletto che avesse adempiuto a questo storico compito ne avrebbe avuto in premio il dominio del mondo! E non è necessario  dire come il nostro Roberto si sentisse l'eletto per eccellenza.
Si era messo all'opera con paranoica determinazione. In capo a dieci anni di duplicazioni quotidiane, alcuni miliardi di copie del sciur Roberto avevano invaso la Terra, impadronendosi (democraticamente, per la mera forza dei numeri)  di tutti i gangli del potere. Era presto iniziato, e finito - per i disgraziati non sciur Roberto - un inferno rispetto al quale i campi di sterminio del  fu III Reich potevano apparire quali luoghi di amena vacanza. 
A distanza di vent'anni dalla storica decisione - celebrata annualmente con oceaniche sfilate di milioni di sciur Roberto militarmente inquadrati al canto di inni varesotti, la conquista del mondo e l'eradicazione dell'impurezza potevano  dirsi concluse.
Poi, a cinquantasette anni di età - tutti avevano cinquantasette anni di età - gli sciur Roberto si ammalarono tutti, e contemporaneamente (essendo la stessa persona, avevano tutti lo stesso difetto genetico), di una forma letale ed incurabile di tumore al pancreas. 
Nella  primavera successiva i germogli della vitalba iniziarono ad erompere attraverso l'asfalto delle strade vuote e silenziose.

(Ringrazio, in stretto ordine alfabetico, Douglas Hofstadter, Roberto Maroni e Derek Parfit   per  avermi fornito - seppur in modi assai dissimili - lo spunto per questo raccontino)

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