domenica 17 ottobre 2010

Il vecchio



Un caro amico mi invia questo suo piacevolissimo breve scritto. Fa parte di una sua più ampia scelta di “ricordi di caccia” nella Maremma Toscana. Lo pubblico  volentieri, con alcune brevi note in calce.

Gilberto Barzagli
Il vecchio

Sprofondato in un caspone [1] di sondrio [2] in una piazza carbonaia appoventata [3] alla solina, [4] il vecchio dormiva.
Il beretto calcato sulla testa, i baveri della giubba di pilorre alzati, le mani nelle tasche: il vecchio dormiva.
L’abbaio ritmato del cane discese lentamente all’interno del pozzo nero dove il sonno lo aveva confinato.
Risalire alla coscienza della realtà, da qualche anno, era più lento e difficile, qualcosa si opponeva, era sempre più doloroso riprendere contatto con le cose .
Tutto il suo mondo non esisteva più; i compagni di caccia, il Peo, Gigella, Modestino e tutti gli altri erano morti.
I giovani erano un’altra cosa, si andava a caccia come si va al bar , come si va in discoteca , sempre velocemente, sempre superficialmente.
La macchia no , la macchia era sempre la stessa , cosi fitta, così intrigata, così sempre uguale. Gli uomini, invece, erano troppo cambiati , la caccia al cignale non era più la stessa, radio trasmittenti, fuoristrada, carabine. Damerini improfumati che alle poste ascoltavano le partite, che al telefono cellulare si sentivano con la ragazza.
Un tempo si andava alla macchia come si andava in chiesa. Forare la macchia è come ritornare nel grembo materno, la macchia ti avviluppa ti nasconde , ti protegge ad ogni passo ti fa sentire la sua presenza .
Questa cose rimuginava quando prese finalmente in esame l’abbaio . Era ancora un giovane cane ma qualche severa punizione, avuta dai cignali, lo avevano reso guardingo ed attento.
Doveva essere un cignale né piccolo né troppo grande, il cane era attento ma insistente ùn; un animale di una sessantina di chili.
Il ritmo dell’abbaio a fermo a volte si taceva per poi riprendere dopo una pausa, il cignale si era spostato, il cane voleva localizzarlo bene prima di riprendere l’abbaio a fermo. Cercava una posizione sottovento per essere sicuro di dove si trovasse e per poterne controllare un eventuale attacco.

Riusciva ad immaginarselo,il cignale, immobile, le setole irte, solo la coda era mossa nervosamente, sicuramente stava facendo delle grandi tirate di naso. Certo il cane non lo impensieriva neanche un po’ ma aveva imparato che al cane è sempre collegato l’uomo, questa volta non riusciva a sentirne l’odore e questo lo rendeva nervoso.
L’abbaio a fermo si trasformò in seguita, il cignale si era mosso, procedeva lentamente verso il crinale dove la macchia era stata tagliata di fresco. Il vecchio rimase immobile; figuriamoci se andava a passare in un posto così allo scoperto.
Infatti, dopo un po', la seguita si era interrotta ed il cane aveva ripreso l’abbaio a fermo.
Un accenno di sorriso deformò la sua faccia, aveva intuito giusto.
Provò una grande invidia per il cignale , un giorno, forse oggi, una palla avrebbe interrotto la sua corsa, nella sua vita avrebbe conosciuto solo la macchia, la libertà.
Poi l’abbaio comincio a spostarsi verso il fosso dove esistevano delle estese rogaie. Adesso la direzione era quella giusta , prima di arrivare alle rogaie avrebbe dovuto saltare una piccola cessa, se fosse arrivato prima, forse, poteva tentare un tiro.
Si alzo di scatto, la prolungata immobilità lo fece barcollare, ci voleva un po’ per rimettersi in moto, colpa dei dolori.

Una rapida occhiata al fuoco, ormai quasi spento, per controllare la direzione del vento; non era un gran ché ma non poteva farci nente.
Un po’ claudicante si avviò sullo stradello che portava al fosso.
Come fosse il segnale di partenza per una gara anche il cignale cominciò a muoversi in fretta.
"Maremma serpente, vuoi vedere che mi buggera" - pensò il vecchio.

Affrettò il passo ma anche l’abbaio del cane diventò più veloce. Il cignale stava correndo.
Il vecchio accennò ad una corsa ma subito fu un gran fiatone; maledetto cuore che non pompava più, il medico gli aveva parlato di valvole, di sistole e di altre diavolerie.
L’aria sembrava entrare nei polmoni con sempre maggiore difficoltà, il petto bruciava, ancora uno sforzo e forse arrivava alla cèssa [5] per primo.
Percorse gli ultimi metri con gli occhi velati, il dolore al petto si era fatto lancinante, si accasciò a terra poggiando la schiena ad un tronco di leccio, ce la aveva fatta, era arrivato prima.
Prima di saltare la cèssa il cignale si fermò, tirò di naso molte volte poi si decise: come una palla attraversò.
Fu colpito da un odore insolito: era un odore di uomo ma strano, gli ricordava quello dei compagni uccisi .
Lo ritrovarono, guidati dall’ululato del cane .
Qualcuno poi, disse che aveva una strana espressione sul viso: sembrava  sorridesse.


[1] Caspone: cespo, cespuglio, ceppaia;
[2] sondrio: Lentisco;
[3] appoventato: riparato dal vento;
[4] solina: a solatio;
[5] cèssa: tratto di terreno mantenuto spoglio ad evitare il propagarsi degli incendi.


2 commenti:

Anonimo ha detto...

è un po' che sono di fronte al riquadro dei commenti ed ogni pensiero mi sembra banale! allora dirò solo che il racconto di gilberto mi sembra tanto, tanto poetico.
silvia

squiliber ha detto...

Sì, lo è. Asciutto e poetico, con un linguaggio incalzante e misurato. E' stato un piacere pubblicarlo e mi auguro che riesca a recuperare anche gli altri racconti che ha scritto, vittime - a quanto mi dice - di un crash informatico. Quando si scriveva su carta, era un'altra cosa....

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