mercoledì 6 febbraio 2008

Aspirazione al servaggio

Gli articoli che ormai quotidianamente si leggono, i dibattiti, le dichiarazioni innumerevoli sugli ingiustificati aumenti dei prezzi, sull’”inflazione che rialza la testa”, sul numero crescente di famiglie che “non riesce ad arrivare alla fine del mese” dovrebbero far riflettere sulla grande rapina reciproca e collettiva alla quale gli italiani si sottopongono vicendevolmente, da sempre, nello sforzo inane ed angoscioso di raggiungere per via individuale obbiettivi che si possono ragionevolmente perseguire solo per via collettiva.
Il frequentare paesi evoluti - tra i quali non siamo - ci insegna che un accettabile benessere individuale, una accettabile sicurezza per sè e per i propri cari, la prospettiva che, salvo eventi catastrofici, la vita possa scorrere su binari di relativa tranquillità, magari con un modesto miglioramento del proprio tenore di vita, sono obiettivi che - fuori d’Italia - vengono percepiti come ragionevoli; aspettative da perseguirsi incanalando l’attività del singolo nell’alveo dell’attività collettiva all’interno di una rete di prestazioni e servizi, pubblici e privati, che generalmente funziona, ma sopratutto, che ci si aspetta come normale che funzioni.
Notiamo lo sforzo individuale, dell’individuo che si vede isolato, in un perenne “tutti contro tutti” unicamente temperato dalla rete dei favori reciproci che tutti curano di farsi, ove possibile, aspettandosene giustamente, all’occorrenza, un tornaconto in termini di prestazioni e risultati che altrove sono percepiti come un semplice ed ovvio diritto del cittadino. Questo sforzo mi sembra rimandare al nostro inesausto e sfrenato bisogno di servaggio.
Sono i servi che, per quanto numerosi con la livrea della stessa casata, ed adusi ad un annosa convivenza sotto lo stesso tetto, non fanno comunque “popolo” ma restano un’accolta di individui tesi a spiare nell’altro, il rivale nei favori del signore e nel signore, le crepe caratteriali ove insinuarsi per ottenere maggior favore personale.
Nota odierna (18/01/08) sulla voluttà del servaggio: le preghiere di massa tenutesi in Sicilia alla vigilia della sentenza nel processo Cuffaro, condannato ieri in primo grado per favoreggiamento di mafiosi, ma dichiarato inconsapevole che questi fossero mafiosi (capolavoro di sottile comicità involontaria) preghiere di massa volte ad impetrare dal cielo non la condanna e l’allontanamento dell’uomo, ma la sua assoluzione, sono un esempio illuminante dell’aspirazione tutta italiana alla schiavitù: in Sicilia (un’Italia al cubo) si prega nelle chiese affinché il sistema mafioso, che schiaccia i siciliani, si perpetui.

1 commento:

Anna Maria Castelli ha detto...

mi piace il tuo articolo fra storia del "servaggio" che tutti ci accomuna e contemporaneità selvaggia. molto interessante!

abner

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