venerdì 2 maggio 2008

Marchio e Carattere

Sere addietro, uscendo da un parcheggio, sono stato affiancato da un enorme SUV, nero e lucido, vetri fumé.

Non so come mai, sul momento, abbia catturato la mia attenzione più dei tanti SUV che incrocio quotidianamente. Sarà stata la velocità, la decisione adrenalinica con cui è entrato nel parcheggio, sarà stato qualcos'altro. Sta di fatto che ho rilasciato la marcia già ingranata, mentre i miei occhi venivano catturati da una scena che, nella sua banale rapidità, sembrava però svolgersi su di un set fotografico: dal SUV è sceso un dinnoccolato giovanotto (sulla trentina - oggi si è giovanotti a lungo..) che, nel taglio dei capelli, nell'abbigliamento come negli accessori di questo (tra l'altro, occhiali scuri indossati con spavaldo sprezzo della logica e della prudenza a notte fonda), nei movimenti stessi con cui, chiusa la portiera, ha attraversato la strada sparendo in un locale, denunciava la compiuta e disinvolta adesione ad una "recitazione del reale frammentato".

Il giovanotto mimava, in altre parole, dei gesti che ad un osservatore disattento avrebbero potuto apparire calati nel reale, ma filtrandoli attraverso il codice iconico della pubblicità fotografica e televisiva – con ogni evidenza il "suo" codice. Probabilmente la compiutezza oltre che la rapidità della scena, con la cadenza veloce ma "sospesa" tipica dei movimenti dei modelli davanti alla fotocamera, mi ha aiutato ad intuire che il giovanotto, in perfetta buona fede e senza rendersene conto, ne sono certo, stava recitando se stesso.

Questa breve scenetta si è andata ad aggiungere al vasto catalogo di scene simili che ho raccolto in anni di osservazione; nel loro insieme queste mi spingono ad un'ipotesi azzardata ma suggestiva: che presso i giovani (nell'ampio arco di età tra i 14 ed i 60), l'adesione ad un marchio (per i più acculturati ad una "griffe") abbia, in linea generale, sostituito l'elaborazione di un carattere individuale. L'adesione ad un marchio (e ormai da tempo i marchi tendono a coprire con una gamma sempre più vasta e differenziata di beni e/o servizi tutti i momenti della vita del cittadino/consumatore) offre all'utente l'allettante sirena di un carattere preconfezionato. [1]

Osservando infatti la struttura dell'attuale messaggio pubblicitario ci rendiamo conto che la merce pubblicizzata giace sempre di più sullo sfondo e, incapace ormai di comunicarsi di per sé, si propone come tramite di un frammento di vita plausibile e, in quanto veicolato da "quella" merce, desiderabile. L'insieme di questi frammenti, legati tra di loro dal comune denominatore del marchio, è a tutti gli effetti un "film" della propria vita che il consumatore può [illudersi di] fare proprio, rivivendone, anzi "recitandone" i fotogrammi ad libitum.

Uno dei prezzi (tutto considerato non il più pesante) che paghiamo per questo è una crescente derealizzazione: mentre in epoche non troppo lontane ma enormemente più "ingenue" il manichino in vetrina veniva modellato alla ricerca della maggior somiglianza all'essere umano che avrebbe poi indossato quei vestiti, al giorno d'oggi questa preoccupazione è scomparsa ed è il consumatore che ricerca, con gioiosa e spontanea convinzione, di assomigliare il più fedelmente possibile al manichino e di contestualizzarsi in spazi ed atteggiamenti propri di questo. [2]

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[1] Qui potremmo aprire un'interessante parentesi sulla tendenza tutta moderna e vitalistica a sostituire l' "essere" con il "fare"

[2] Aiutato nell'operazione dall''enorme importanza che il vedere ha assunto. Cfr a questo proposito quanto dice Raffaele Simone nel suo "Il Mostro Mite" Milano Garzanti 2008.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Diciamo che l' adesione ad un marchio, ad una moda ,l'obbedienza ad un codice di un gruppo,quando si tratta di un adolescente,è anche un passo necessario per transitare dal modello famiglia ad un modello proprio e personale.I ragazzi devono passare da questa fase ,che è comunque rassicurante,prima di lanciarsi nella vertigine del volo autonomo e responsabile .E' quando questo transito diventa stato perenne e si protrae ben oltre l'adolescenza che la cosa diventa grave,perchè denuncia l' incapacità dell' individuo ad elaborare un suo carattere individuale ,critico nei confronti dell'esterno,capace di scelte autonome:il ragazzo che recita un ruolo imposto dall' esterno è poi l' individuo facilmente maneggiabile ,diventa un automa diretto da altri.Con tutte le conseguenze che possiamo vedere ogni giorno

Anonimo ha detto...

Il SUV? Lo chiamo tank, e alla guida potrebbe celarsi il demone invisibile de La Macchina Infernale. Il film finisce in un bel botto, all'americana. Ecco, spesso, sempre più spesso, vorrei che tutto finisse in un bel botto. Analisi lucida e tentatrice, la tua.

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