venerdì 13 giugno 2008

Giustizia privata

Concordo pienamente con quanto scrive D'Avanzo in questo lucido articolo. Preciso che la citazione da Adorno (e Horkhimer) è tratta da "Dialettica dell'Illuminismo". Aggiungo - sempre richiamando il testo citato - che da lungo tempo nell'Occidente capitalistico il confine tra racket (gli autori usano proprio questo termine, che trovo assai pregnante) legali ed illegali è estremamante incerto e fluttuante. Peraltro, la "percezione del rischio" da parte del corpo sociale nei confronti dell'operato di questi racket è bassa e nessuno desidera che aumenti, probabilmente per il fatto che, a vario titolo, i membri del racket siamo - o vorremmo essere - Noi. Da qui nascono le strategie di criminalizzazione dell'Altro. L'Altro non è membro di alcunché; la percezione del rischio nei suoi confronti è alta e facilmente elevabile a piacere (è la TV, bellezza...!); su di lui può utilmente convergere l'odio attizzato nelle masse. L'Altro è fungibile, nel senso che, all'occorrenza, una casuale fetta del Noi può essere destinata ad impersonare improvvisamente l'Altro. [vedi il mio: "Come non dirci padani?"] Ma il piccoloborghese - spontaneamente fascista - non vede che la violenza, concentrata, subita dall'Altro non è che un pallido riflesso di quella che è costretto a praticare - volonterosamente e appaludendo - a se stesso.
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