lunedì 2 agosto 2010

Del dono e del donare

"Quanto a beni materiali, non mi manca nulla - pensava guardando,  nella sua bella casa,  i tavoli ingombri di ninnoli, spolverati con cadenza bisettimanale dalla collaboratrice domestica detta familiarmente Alarico; e gli armadi colmi di biancheria bastevole per due vite; e le migliaia di libri, alcuni - pochi - consunti, istoriati di note a margine segno di una frequentazione amorosa e assidua, i più letti una volta o in attesa di lettura, ma catalogati tutti per nazionalità, genere,autore; e la dispensa traboccante di tutto ciò che appare necessario a chi sia sazio prima ancora di aver toccato il desco; e tutto il resto che saturava la casa, la cantina, i soppalchi.... Non mi manca nulla, no, e la maggior parte di ciò che mi circonda, segno tangibile di benessere e scudo ai colpi della sorte solo fino a pochi decenni addietro, la "roba" verghiana insomma, adesso rappresenta una catena di schiavitù - pensava ancora rabbrividendo, ma solo un poco però, all'immagine della gragnola di oggetti di cui sarebbe stato fatto segno a quelle date inesorabilmente scolpite nel calendario della macchina, quando le merci festeggiano se stesse ed il fatturato segna un picco ansiosamente atteso dalla Confcommercio.
Perché il Nostro, non  caso considerato un bizzarro misantropo, aveva un sospetto che però teneva per sé (anche ai bizzarri misantropi riesce difficile mantenere sempre fede alla propria fama) ed il sospetto era che la gragnola di oggetti, scagliata e subita a data fissa procurasse ben poco piacere, e non tanto alla vittima dell'affettuosa lapidazione, ma assai di più (con le dovute eccezioni) a buona parte di coloro che si trovavano costretti a procurarsi le munizioni. E sospettava anche che il leggero eccesso di infantile piacere e dedizione alla festa mostrato nell'occasione da alcuni ormai lontanucci dall'infanzia fosse una sorta di sovracompensazione della sottile angoscia accuratamente rimossa per l'obbligo del rito. Ed anche altro, connesso all'inesorabile trascorrere degli anni.... Ma queste erano, appunto, riflessioni private di uno spirito bizzarro, poco generoso e per nulla eroico.  
Però il Nostro, riandando con la mente ai doni più belli che riteneva, immotivatamente, di aver fatto negli ultimi anni, vedeva non oggetti, ne' date imposte dall'esterno, ma due abbozzi di romanzo e tre traduzioni: due abbozzi di un romanzetto fantasy per il proprio figliolo, una novella e due poesie, per la propria compagna e per un caro amico che aveva da poco ritrovato un amato Poeta. Cinque doni che erano costati niente in termini monetari ma che lo avevano impegnato completamente e per i quali aveva speso tutto il tesoro del proprio essere (amava infatti illudersi che il proprio essere celasse un tesoro). E si domandava: - ma noi, per gli altri, cosa siamo? uno schermo bianco ove l'altro proietta il proprio privato film? oppure abbiamo una tangibile solidità? o siamo un misto delle due cose, a seconda della situazione, del contesto? -  Propendeva forse per l'ultima ipotesi. Anche riandando ai doni ricevuti, su di uno sfondo  indistinto di merci per la maggior parte presto dimenticate ne vedeva stagliarsi, lucenti come perle vive su di un velluto oscuro, alcuni pochi, ed in parte immateriali.    
E seguitava, nel flusso della riflessione: - e cosa succederebbe, se chi mi circonda e mi ama si sentisse finalmente libero, e mi dedicasse non  necessariamente oggetti acquistati contro denaro  a data fissa, ma occasionalmente, quando io gli venissi in mente,  un suo piccolo scritto, una sua poesia (se scrittore o poeta, anche dilettante) o un piccolo brano tratto da un libro altrui che lo avesse particolarmente colpito e trascritto in bella calligrafia su carta cilestrina? oppure letto ad alta voce tra amici? o anche una sola frase trovata puntando a caso il dito su ci una pagina a caso di un libro scelto a caso? o anche una sola parola, dalla quale fosse stato colpito, rotonda, evocativa e musicale? o due righe di pentagramma, se musicista? o un ascolto in comune di poche battute di un trio di Brahms? o un mela rossa perfetta, accuratamente lucidata in quel momento proprio per me? - Quello che conta, sentiva, era la scelta proprio di "quella" mela e l'accuratezza della lucidatura -   o anche nulla? - perché sapeva come spesso dietro agli oggetti acquistati contro denaro a data fissa si celi sì una sottile angoscia, ma comunque assai minore di quella ingenerata dalla scoperta di quanto possa essere inane per noi lo sforzo di "vedere" l'altro; e quel nulla è il reciproco, inestimabile dono del proprio sollievo dal quale lo sguardo può riemergere più acuto o finalmente liberato dall'obbligo.  Siamo quasi sette miliardi - diceva a se stesso - e per la maggior parte di questi sono sconosciuto o indifferente. Non rimprovererò certamente chi si vorrà aggiungere ad una sì vasta maggioranza; come sarò grato a chi se ne vorrà distaccare per un breve percorso comune, sapendo comunque che sarà breve. - Sentiva poi una certa qual vergogna ed imbarazzo connessi al "pesare" il destinatario in termini monetari: - quanti euro sono disposto ad investire su Tizio, o su Caia? -  era una domanda che si poneva malvolentieri e che non desiderava obbligare gli altri a porsi.
E un altro dono, immateriale anche questo, sentiva come prezioso da fare e da ricevere: il tempo e lo spazio per consentire all'altro di desiderare fortemente qualcosa (anche un oggetto, certamente), di percepire la difficoltà, vuoi monetaria o d'altro genere, per ottenere l'oggetto agognato  e la possibilità di tendere le proprie energie per superare l'ostacolo. Quanto  più saporito e sacro è  il pane - pensava - quando, accompagnato dall'appetito è frutto del tuo impegno! -  Ecco, era il senso del sacro connesso al dono, questo pane dell'anima, che non trovava più nella sazia e stordita sarabanda di merci che lo circondava......"


Adesso è giunto il momento di abbandonare il mio personaggio. Vi ho presentato le sue riflessioni, come me le ha confidate; temo anzi che non sarà felice di vedere così tradita la sua fiducia.  Me ne assumo però  la responsabilità, sperando che nessuno dei suoi cari ed amici si senta troppo ferito e che voi lettori, non conoscendone l'autore,  possiate apprezzare questo mio piccolo dono. Non ne ho conservato lo scontrino fiscale, quindi non è possibile andare in negozio e cambiarlo con un altro modello, ma si può fare di più e di meglio: con il puntatore del mouse, andare in alto a destra nello schermo e cliccare sulla crocetta rossa che vedete là: "chiudi"! Ed il donatore non se ne accorgerà mai.

9 commenti:

RaffRag ha detto...

Beh, te l'ho scritto su FB, e lo riscrivo qui adesso che mi è consentito: stavolta sei tu che m'hai colpito al cuore.

RaffRag ha detto...

E, se posso peccare di presunzione, donare è ispirarsi a vicenda...

Maria D'Asaro ha detto...

Riflessioni nelle quali mi riconosco completamente. Grazie.

Anonimo ha detto...

E’ incredibile come il pistolotto morale sul dono e sul donare sia assolutamente fuorviante, nel momento in cui viene estrapolato dal contesto che l’ha generato!

Chi infatti, tra i lettori di squiliber, potrebbe non concordare sul fatto che siamo spesso assediati dagli oggetti e sottoposti all’obbligo dei riti, o chi potrebbe non essere d’accordo sul valore dei doni immateriali e non consumistici che arricchiscono e nutrono l’anima?

Peccato che conosco molto bene il personaggio presentato da Squiliber!

E’ un uomo intelligente, ma ingeneroso che molto ha avuto sia in termini di doni materiali che immateriali, che pensa di possedere la verità e che non ha la minima gratitudine nei confronti dei propri cari, che hanno sicuramente dei limiti, ma che gli hanno comunque fatto dei regali col cuore e, per quanto possa essersi trattato di oggetti consumistici, non per questo meritano di essere umiliati.
E’ un uomo molto egoista che non ha alcuna capacità di accoglienza, che non sa accettare con un sorriso anche quei riti per lui poco graditi, per il solo motivo di far piacere alla persona che per lui li ha pensati e realizzati. Gratificare chi si ama, anche questo è donare!
E’ un uomo un po’ arido, che dimentica che spesso gli oggetti accumulati nelle nostre case non sono il frutto di un atteggiamento consumistico, ma sono l’archivio della nostra memoria e costituiscono la nostra storia.
E’ un uomo che rifugge dai riti perché non è capace di relazionarsi con gli altri e, per questo, ne disconosce la funzione di trasmissione di valori .

Mi viene, a questo punto, anche il vago sospetto che i suoi doni più belli, che niente sono costati dal punto di vista monetario, abbiano invece avuto un prezzo molto alto in termini di auto celebrazione e che, per questo, siano doni fatti più a se stesso che alle persone a cui erano indirizzati.

Eppure, io quest’uomo lo amo molto!

PANDORA

mapiade ha detto...

Bah, io penso che aver giudizio e giudicare (i gesti altrui), pur essendo due espressioni etimologicamente parenti, siano concetti semanticamente distanti. Ed il secondo è piuttosto pericoloso e fuorviante quando l'oggetto del giudizio non è propriamente un oggetto, ma persona con la sua singolare capacità e maniera di manifestare l'affetto. Detto ciò, caro Guido, salutami l'autore di questa riflessione con l'affetto testardo che nonostante tutto ci ostiniamo a destinare ai misantropi. (Sperando che non si tratti di una modalità sadica del suo essere e, dunque, di un carattere masochistico del nostro)

RaffRag ha detto...

Non vorrei peccare d'eccesso, ma ho conosciuto una persona che mi ha fatto un gran dono, il più grande che alcuno m'abbia mai fatto, ed è stato il dono di poterla assistere, senza che per questo sentissi l'obbligo di ricambiare. Al solito, ne ho tratto uno scritto, Spine, ahimé, forse troppo duro e segreto per essere compreso. Donare è un po' come amare: quando si ama, viene un momento in cui chi ama non capisce più bene se, piuttosto che 'donare' amore, è egli stesso o ella stessa che sta ricevendo il dono d'amare.
Alla luce di questo, Pandora, mi sento di concordare con il personaggio di Squiliber. E, se non intuissi soltanto chi sei, ma lo sapessi con certezza, da misantropo qual sono, vorrei farti, a mia volta, un dono...

Anonimo ha detto...

Ciao Raffrag,
secondo me amare è donare, così come la capacità di amare è essa stessa un dono.
Francamente non ho capito il nesso fra le tue considerazioni e lo scritto di Guido, perché non mi pare diciate la stessa cosa.
Certo, di per sé, le osservazioni sul dono e sul donare fatte dal nostro Squiliber sono giuste, ma quando, per essere coerenti con i propri principi, si arriva a ferire le persone che si amano e a trattare con sprezzante superiorità amici che magari sono più semplici, ma che sono comunque sinceri, quando ci si chiude nella torre eburnea delle propria conoscenza e dei propri interessi culturali, quando non si sa accettare che gli altri possano essere diversi da noi e non si è capaci di donare davvero un po’ di se stessi, che amore è?
Quanto al tuo dono lo aspetto con desiderio, perché anche saper accettare i doni è amare.
PANDORA

RaffRag ha detto...

Il fatto è che, almeno per parte mia, ho fatto doni e ne ho ricevuti, apparentemente immateriali, senza nemmeno accorgermene nel momento in cui la cosa accadeva. Questo è il senso, sublime, che ho recepito dello scritto di squiliber. Per il resto, non vorrei dire cose ovvie, e sono pronto a negare, ma, se davvero sono un misantropo, è perché amo profondamente anche quando disprezzo. Se non eccedo, non amo, né odio. Di questo, chiedo comprensione e perdono.

mapiade ha detto...

(però devo confessare che un po' misantropa mi sento spesso anch'io di fronte a certe manifestazioni umani e che sul dono e del donare tante volte ho avuto dei dubbi. troppe volte il dono appare più uno strumento di manipolazione di consensi che un gesto d'amore. a volte. e in effetti mi capita di condividere le riflessioni di questo "misantropo". ma ho il sospetto che a questo testo non avrei dovuto commentare, perché è una confidenza ascoltata quasi per errore)

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