venerdì 17 ottobre 2008

Concorsi pubblici "padani" favoriti i residenti al Nord

Antonello Caporale è un ottimo giornalista ed un segugio dal naso fino. Ha scovato la notiziola - impagabile! - che ci presenta  qui. Leggiamola con attenzione, ridiamo (amaro) ma sopratutto meditiamo sull'Italia che va in frantumi (se ne sta accorgendo addirittura Schifani, il ché è tutto dire...) nel più completo silenzio - anzi se del caso con l'attiva collaborazione -  della cosidetta opposizione:

[....]I deputati leghisti (onorevoli Caparini, Fedriga, Munerato, Bonino) hanno voluto rafforzare il criterio della territorialità e in una breve, forse annoiata seduta della commissione Lavoro, riunita il 1 ottobre scorso in sede referente, hanno chiesto e ottenuto l'approvazione di un sub-emendamento (il 37.2) che si aggiunge a quello nel quale si statuisce che "costituisce titolo preferenziale la residenza nelle regioni per i posti ivi banditi". E' infatti stata approvata la seguente norma: "I bandi stabiliscono che nella formazione delle graduatorie non si tenga conto del punteggio del titolo di studio". Proprio così: un asinello e un cervellone pari sono. Fa premio l'anagrafe, il certificato di residenza [....]. 

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5 commenti:

Anonimo ha detto...

Se "padano è meglio", la superiorità della razza è implicita.

Anonimo ha detto...

Mio vecchio squiliber, mi dispiace, Caporale sta (in parte) sostenendo una tesi facilmente attaccabile. Chi garantisce la 'sterilità' del punteggio del titolo di studio? Ti faccio un esempio: nel primo ed ultimo 'vero' concorso che ho fatto nella mia vita, avrei avuto un bel punteggio per il titolo di studio. Ma, pur partito, per questo aspetto, alla pari con gli altri, risultai ugualmente tra i vincitori del concorso, per meriti, inutile dirlo, conquistati sul campo, tra scritto e orale. Ergo, io trovo giusto che il titolo di studio sia un semplice requisito di ammissione, e troverei ancora più giusto che una commissione d'esame 'equilibrata' fosse in grado di valutare le persone per quello che dimostrano, in sede di concorso, di valere. Per l'altro aspetto, sai già come la penso.

squiliber ha detto...

Già, la razza, la razza... quante oscenità si sono consumate in nome della razza; e com'è facile (la strada è tutta in discesa - basta rinunciare al senso) tornare a commettere i vecchi errori, sulla pelle dell'Altro; qui con un pizzico di aspirazioni balcaniche in più, un sapore strapaesano nell'esaltazione delle virtù di Fino Mornasco o della Val Brembana che era estraneo ai nazionalismi novecenteschi, corruschi ed unitari e che rende perfettamente il valore antistorico (e proprio per questo così ricco di fascino agli occhi dell'Italiano non ancora emancipato dalla mezzadria) della proposta leghista.
Non solo padano è meglio, ma padano ti garantisce il grano (nel senso di stipendio o prebenda).

squiliber ha detto...

Caro Raffrag,
se tornassimo alla vecchia idea - mai adottata - dell'abolizione del valore legale dei titoli di studio?
E poi, senza sbarramenti territoriali,(il bersaglio della critica di Caporale e del mio commento) con commissioni di cui si garantita la reale "terzietà" si combatte ad armi pari in sede d'esame... e vinca il migliore! (E, ove si combatta a pubblicazioni, non quelle finte in uso da noi, ma con i criteri di validazione adottati nei paesi anglosassoni di tradizione protestante)
Un sogno.

Anonimo ha detto...

Abolire il valore legale? Perché no? Dal mio punto di vista, questo significa che un chimico potrebbe anche fare il medico o esercitare altre professioni. Ottimo, non sto nella pelle.

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