giovedì 30 ottobre 2008

Foto di gruppo (con Signore & Signori)

Caro Raffaele, cari tutti,
eccoci qua, attorno ai cinquanta/sessanta, mediamente colti, mediamente informati (ma poco o nulla televisivi), mediamente benestanti, in genere proprietari della casa ove viviamo [1], con alle spalle una famiglia laica e antifascista, se non resistenziale, di tradizioni liberali o socialiste, laici noi stessi e schierati nel vasto arcipelago della Sinistra, molti fondatori ed elettori del PD, professionisti o quadri intermedi nel settore pubblico o privato, padri e madri di giovani al termine degli studi o che hanno già spiccato il volo. Una minima conoscenza delle lingue comunitarie, viaggiamo (no Ibiza, no Maldive...quelli non sono - in realtà - viaggi); alle spalle soggiorni per lavoro o studio all'estero. Europeisti convinti (abbiamo letto Savinio e Altiero Spinelli), a nostro agio con l'Euro (non imprechiamo contro gli spiccioli). Accumunati dal terrore che ci ispira l'ondata di imbecillità collettiva [2] che sta spazzando l'intera (ancora per poco, intera...) Nazione.
In Francia avremmo votato Royal, in Inghilterra saremmo laburisti, negli Stati Uniti ci appresteremmo a votare per Barak Obama (a propos, senza pensarci su, all'istante, dite il nome del vice di Obama!.....) in Spagna zapateristi, in Germania SPD (e staremmo leccandoci le ferite).
Quanti corrispondono a questo - sommario - ritratto, in Italia? Qualche milione; e qual'è il nostro "indotto", cioè il bacino di elettori - non a priori d'accordo con noi - che siamo in grado di influenzare ? qualche altro milione. La mancata borghesia italiana, che non riesce a porsi come Classe Generale, che non riesce a fare massa, nonostante i blog, i girotondi, i Pancho Pardi, i Moretti, i Veltroni, i furbissimi machiavellici (ma quanto saranno astuti?) Amato e D'Alema.
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Allora, preferisco partire dal nudo elenco (parziale, monco e disordinato; mi perdonerete...) di quelli che individuo come segni del benessere - o di sviluppo civile, se preferite - di una nazione, premettendo che ristoranti pieni, telefonini a gogò, boutiques e s.u.v. non sono segni di benessere, (in questo dissento dall'Alberico che, anello magico al dito, sta conducendo - tra gli applausi dei molti supporter - l'Italia al disastro) anzi caso mai denotano un profondo malessere del corpo sociale.
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Benessere è: (parleremo poi, e a parte, dei costi di questo benessere e dei costi del malessere)
  • strade senza voragini, non intasate da un magma metallico e puzzolente, perchè i treni, le metropolitane, i tram ed i bus ci sono e funzionano, i privati devono tenere l'auto in garage o in giardino e non sulla pubblica via e i parcheggi lungo marcapiede sono sempre a pagamento e riservati alla sosta breve (la spesa, l'idraulico, il medico, ecc..)
  • Uffici pubblici puliti, luminosi, attrezzati, user friendly e con un personale sollecito e preparato;
  • Scuola di base ed intermedia pulita, pubblica e laica, luminosa, attrezzata, edificata in luoghi tranquilli, servita da un efficiente servizio di scuola-bus, popolata da allievi minimamente rispettosi del luogo e della funzione e da insegnanti aggiornati, motivati e rispettati (e dotati di adeguati strumenti per farsi rispettare) strutturata su semestri intervallati da brevi periodi di vacanza, aperta alla cittadinanza (penso ad es. al ruolo delle biblioteche scolastiche);
  • Università: ne abbiamo già parlato; le linee guida sono quelle. (questo pomeriggio, 24 Ottobre, uscendo dalla biblioteca interfacoltà dell'Università Autonoma della Catalogna, vasta, attrezzata, aggiornata, personale gentilissimo; ho avuto modo di riflettere ancora una volta sull'abisso che separa la - a suo tempo gloriosa - università italiana dalle analoghe istituzioni nei paesi veramente evoluti)
  • Sanità: pubblica e gratuita (con alcuni oneri a carico del privato crescenti al crescere del reddito). Per l'organizzazione vedi "scuola". Aggiungo: occorre sradicare il vizio di molti medici ospedalieri (è un reato, si chiama furto) di approvvigionarsi gratuitamente di medicinali e presidi medico-chirurgici presso le farmacie ospedaliere per rifornire l'ambulatorio ove si esercita - a caro prezzo - l'attività libero-professionale.
  • Raccolta e smaltimento rifiuti: differenziata, basata su di una rete di piattaforme di trattamento e termovalorizzazione, i cui oneri gravano sulla materia prima che genererà il rifiuto più che sul rifiuto stesso (vedi Cobat, Cosvet, RAAE, ove i produttori fungono da sostituti di imposta e lo smaltimento diventa così - magicamente! - gratuito. Questo elimina alla fonte le discariche abusive). I termovalorizzatori sono allacciati alle reti di teleriscaldamento urbano (basta con l'alluvione imbecille delle caldaiette singole, vero psicodramma italiota).
  • Un'urbanistica non di rapina, cioè che non metta a sacco il territorio, non ricorra a periodiche sanatorie (rimedio peggiore del male e laido sberleffo agli onesti), non collabori alla anomia dello spazio collettivo, le domaine public, [3] e separi (in questo mi sento vicino a Samonà e a Fiorentino Sullo - un democristiano, autore della legge urbanistica più avanzata che l'Italia abbia mai tentato di darsi, affossata dal fuoco concentrico della rendita) [4] [5] che separi, dicevo, lo ius aedificandi dalla proprietà del suolo. Aggiungo - e gli addetti ai lavori hanno gli strumenti per misurare il valore rivoluzionario della proposta - che imponga l'esecuzione completa delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria prima dell'edificazione.
  • Un'amministrare nettamente distinto dal governare, a sua volta distinto dal legiferare, a sua volta distinto dal sanzionare, a sua volta distinto dall'informare. Avrete capito che mi riferisco ai meccanismi di check and balance che garantiscono l'equilibro tra i poteri legislativo, esecutivo, giudiziario, amministrativo e dell'informazione, che sembrano essere fondamentali per evitare soprusi, sbandate autoritarie, ed il dilagare della corruzione, all'interno - ovviamente - di una democrazia costituzionale e rappresentativa che trovo essere - per ora, ed al lume della mia scarsa esperienza - la forma di governo che più garantisca le mie libertà fondamentali ed il libero sviluppo delle mie potenzialità in quanto individuo nell'ambito della collettività che mi accoglie.
  • Una fiscalità fondata sulle imposte indirette, (e non su quelle dirette, iniqua e tesa a colpire i bassi redditi) semplice, solidaristica e progressiva. Rammento, per inciso, che negli Stati Uniti la dichiarazione personale dei redditi è talmente semplice da poter essere compilata da chiunque, senza dover ricorrere ad uno specialista, (una sorta di tassa sulla tassa). Sentendomi vicino ai contrattualisti - in particolare a John Locke - sono un assertore del no taxation without representation ma vi aggiungo anche il reciproco no representation without taxation, fondamentale in Italia, ove il partito degli evasori, trasversale ed ubiquitario, è invece - da sempre - fortemente rappresentato in Parlamento, mentre si sta formando - nell'indifferenza dei più e sotto l'occhi esterrefatto del mondo civile - un vero e proprio jus dell'evasione e della bancarotta (vedi la depenalizzazione del falso in bilancio e le recenti norme dette "salva manager")
  • Una politica dell'accoglienza e dell'inclusione realistica, non schizofrenica, non populista nè segregazionista, dotata di adeguate risorse e concertata in sede Europea. In questo mi sento vicino al pensiero di J. Habermas, G. Cacciatore, G. Pasqualotto o Amartya Sen, ai quali rimando senz'altro.
  • Una politica culturale non in chiave aziendalistica; oltre alla scuola e alla sanità esistono altre realtà alle quali non è - semplicemente - pensabile applicare le logiche che guidano un'impresa privata. Cinema di qualità e, in particolar modo, teatro, sono settori ove la collettività investe una quota delle risorse tratte dalla fiscalità generale per trarne un profitto non monetario, ma in termini di immagine e formazione permanente. In questo senso l'esperienza di Stéphane Lissner alla Scala ha molto da insegnarci. Essendo un frequentatore di teatri, qua e là, potrei suggerire di trarre spunto - ad es. - dalle gestioni del Metropolitan (N.Y.), Liceu, (Barcellona) StaatsOper (Berlino e Monaco), Covent Garden (Londra), previa - ovviamente! - espulsione dei manager lottizzati dai C.d.A. dei nostri teatri.
  • Un atteggiamento individuale rispettoso del bene pubblico e non caratterizzato da un arcaico familismo amorale. Gli articoli che ormai quotidianamente si leggono, i dibattiti, le dichiarazioni innumerevoli sugli ingiustificati aumenti dei prezzi, sull’”inflazione che rialza la testa”, sul numero crescente di famiglie che “non riesce ad arrivare alla fine del mese” dovrebbero far riflettere sulla grande rapina reciproca e collettiva alla quale gli italiani si sottopongono vicendevolmente, da sempre, nello sforzo inane ed angoscioso di raggiungere per via individuale obiettivi che si possono ragionevolmente perseguire solo per via collettiva. Il frequentare paesi evoluti - tra i quali non siamo - ci insegna che un accettabile benessere individuale, una accettabile sicurezza per sè e per i propri cari, la prospettiva che, salvo eventi catastrofici, la vita possa scorrere su binari di relativa tranquillità, magari con un modesto miglioramento del proprio tenore di vita, sono obiettivi che - fuori d’Italia - vengono percepiti come ragionevoli; aspettative da perseguirsi incanalando l’attività del singolo nell’alveo dell’attività collettiva all’interno di una rete di prestazioni e servizi, pubblici e privati, che generalmente funziona, ma sopratutto, che ci si aspetta come normale che funzioni. Notiamo lo sforzo individuale, dell’individuo che si vede isolato, in un perenne “tutti contro tutti” unicamente temperato dalla rete dei favori reciproci che tutti curano di farsi, ove possibile, aspettandosene giustamente, all’occorrenza, un tornaconto in termini di prestazioni e risultati che altrove sono percepiti come un semplice ed ovvio diritto del cittadino. Questo sforzo mi sembra rimandare alla nostra inesausta e sfrenata fame di servaggio, spia di una mancata transizione dalla società feudale ad una moderna società industriale .

Qui mi fermo (per ora). Noterete - con golosità! - tutto ciò (le cose più essenziali, ovviamente) di cui non ho parlato. Il dibattito (in termini politici e non intimistici/maceratori, por favòr) è aperto!

[1] Pino Aprile "Elogio del imbecil - El imparable ascenso de la estupidez" Ediciones Tema de Hoy - Madrid 2006 ISBN: 84-8460--559-0

[2] sulla troppo forte propensione italiana alla casa in proprietà e sulla scarsità di case in affitto come freno alla mobilità fisica e sociale occorrerà - un giorno - aprire una riflessione.

[3] H. Harendt "La condition de l'homme moderne" cit.
[4] Giuseppe Campos Venuti "Urbanistica Incostituzionale" Marsilio Editore - Padova 1968
[5] Rosario Michelini "Il regime dei suoli nella legislazione italiana" in: La Capitanata - Rassegna di vita e di studi della Provincia di Foggia - Tipografia Laurenziana - Napoli 1976 pagg. 16/55 (ottima rassegna delle varie posizioni nel dibattito di allora e dolente specchio dell'impoverimento politico e culturale di oggi)

1 commento:

Anonimo ha detto...

Caro squiliber, io credo che, al di là del loro intrinseco, e rivoluzionario, valore, un dibattito sulla summa dei temi proposti da te debba riaccendersi. Non per conservarne la memoria, il che pure sarebbe opera meritoria, visto che in questo nostro paese il passato recente e meno recente è ormai un fantasma senza connotati da adoperare ad uso e consumo dell’establishment dei politici, bensì perché è da lì, dal dibattito, che a mio avviso si ricomincia, considerato che la scuola, in tutti i suoi gradi d'istruzione, non è in grado di partorire altro che, generalizzo, una presuntuosa e ignorante specie protetta. Forse pecco a mia volta di presunzione, ma non riesco a considerare la nostra generazione, ed il suo patrimonio di esperienze e valori, insomma, l'espressione più puramente aristotelica dello zoòn politicòn, come morta e sepolta sotto le macerie del terrorismo e dell'arrivismo che furono la fine delle istanze sessantottine. Né riesco a considerare i valori della Resistenza come catarticamente unificati in un memorial day collettivo. Eppure, io credo fortemente in una classe dirigente giovane, che sia sì artefice del proprio destino, ma avendo uno sguardo verso gli ideali, più che verso la spettacolarizzazione dei media e la contrapposizione tra bande di affaristi. Ancora una volta, ne devo concludere che la mia anima anarcheggiante concorda profondamente con lo Show di Caproni, ed è perciò che non avrei votato Royal, né Labour, né Obama, né Zapatero, né SPD. A meno che…

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